bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

martedì 30 marzo 2010

la bellezza non è un bisogno ma un'estasi


Alice Bailly, La donna dal guanto bianco, 1922.


"as a woman I have no country,
as a woman I want no country,
as a woman, my country is the whole world".

è lei.
Virginia Woolf, un genio, un assoluto genio femminile. si è suicidata. è pressoche' inattuabile e inverosimile pensare che una mente così, una mente che concepisce il proprio essere come parte di un tutto, non possa avere avuto le risorse per elevarsi dal malessere di vivere. ma è un'altra storia.

La citazione, questa sua, era all'inizio di una mostra. La mostra sull'arte delle donne che è stata presentata, marzo 2008, a Palazzo Reale.
Quel sabato ero sola a Milano. e sono andata a vedermi la mostra.
è stato prima di aprire il blog.
ma ora ci voglio ripensare e scriverne.
qualcuno ha stimolato la mia voglia di pensare all'arte femminile, all'arte nella concezione femminile, alla bellezza nell'arte femminile, alla bellezza femminile nell'arte. la bellezza femminile.
vedete un po' voi...
c'erano quadri che meritavano di essere visti.
io guardo, cerco con gli occhi quello che il pittore mi vuol far vedere. ammesso e non concesso che il pittore abbia qualcosa da farmi vedere, io guardo le immagini così come ascolto le parole. si tratta pur sempre di porre un ascolto. e in questo sono brava. si lo posso dire.
e ricordo di aver visto alcune, in mezzo anche a tanta fuffa, raffigurazioni incantevoli e sorprendenti: sguardi incantati, sguardi avvolti dal dolore, la sofferenza, l'anoressia, il colore, la fantasia, l'ironia, donne disegnate con grande maestria, con sguardo benevolo, affascinato, rapito, intenso, particolare, donne insieme, donne sole, donne e che donne. ho visto molti segnali.

naturalmente non penso che l'arte al femminile sia meglio di quella al maschile, lungi da me.
questa è un'operazione che, in generale, direi per qualsiasi cosa, proprio non mi interessa. non mi interessa rivendicare una supremazia femminile rispetto a un'inferiorità maschile. un mondo buono sorretto dall'utero e un mondo in rovina dominato dal pene. in nessun campo, in nessun modo, in nessuna accezione.
volevo solo prendere spunto da una mostra, sull'arte, femminile, sulla bellezza, perche' ho avuto modo di sostenere recentemente che l'immagine della donna in termini di bellezza è sostanzialmente immutato, al di la' delle mode, ma c'è chi mi vuole insegnare, probabilmente a ragione, che invece è mutato eccome e con grandi variazioni da cultura a cultura.
io però penso che la mutevolezza sia stata guidata a livello mediatico con un andamento esponenziale dall'avvento della tv e quello di internet e via dicendo, fino a traguardi infiniti di spettacolarizzazione universale.
penso che la donna sia stato oggetto di investimenti pubblicitari che ne hanno modificato l'immagine in previsione di una vendita che necessita continui rinnovamenti per poter accedere al mercato con replicato interesse. e il consumo è stato veloce, da parte degli uomini, ma anche, intendiamoci, da parte delle donne stesse. non vedo le donne come le vittime di questo andamento, le vedo corresponsabili, a volte con un inconsapevole candore -o semplice stupidità- davvero imbarazzante.
La mia impressione è che la patina delle pagine di una rivista o la sgranatura di una figura televisiva-cinematografica-computerizzata siano una dimensione tutta diversa da quella reale. soprattutto una dimensione che con la bellezza non ha niente a che vedere. mi dico sempre che un uomo, un Uomo, sappia riconoscere la bellezza al di là di un canone estetico indotto, mutevole e consumistico, che sappia trarre godimento dall'imperfezione.
perchè la bellezza vive dell'imperfezione. è da quella che si esalta tutto il resto.
è dal particolare imperfetto che si risale alla visione d'insieme.
nella perfezione c'è noia, ripetitività, prevedibilità.
nella nostra imperfezione, fisica e mentale, c'è tutto il mistero della nostra bellezza. è dalla stonatura che ci si eleva, dalla stonatura si ricrea lo spartito: solo chi ha la volontà di allargare lo sguardo ci vede nella nostra interezza.
come dice Gibran "la bellezza non è un bisogno, ma un'estasi", cioè non è un consumo necessario ma un andare oltre.
i quadri che ho scelto non rapprsentano necessariamente donne belle o belle donne, ma solo i quadri che hanno attratto la mia attenzione. perche' poi, cio' che conta e' solo questo.

buona visione.


Frida Khalo


Tamara de Lempicka


Carol Rama


Romaine Brooks


Romaine Brooks


Camille Claudel


Kathe Kollwitz


Sonia Delaunay


Marie-Louise Catherine Breslau

domenica 28 marzo 2010

"le parole dopo un'eterna attesa rinunziano alla speranza di essere pronunziate una volta per tutte e poi morire con chi le ha possedute"


Montale.
e' lui che "parla" cosi'.
elegia del silenzio e spreco delle parole che non dicono e se dicono si spezzano da sole. "tutti parlano e da allora il mondo e' muto".
va bene.
ma io non so guarire dalla parola e dalla convinzione che la parola sappia anche curare.
Montale e' asciutto e prosciuga ogni speranza di comprensione.
sono suoi la tagliente aria di vetro, l'anello che non tiene, le parole che muoiono con chi le ha possedute, l'incepparsi necessario per destare la lingua dal suo torpore così come la caparbia volontà di essere sempre assente...
ma io cosa devo fare?
chi potrebbe mai convincermi cha la parola, e la voce che la pronuncia, non contengano il senso del vivere?
e' un abbaglio. un miraggio.
"Vedi, in questi silenzi in cui le cose
s'abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d'intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno piú languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità."
lo so bene che oltre la parola c'e' il sentire. oltre la parola c'e' l'appartenenza. oltre la parola c'e' il condividere. oltre la parola c'e' il godere. oltre la parola c'e' la verita', quella che si esprime se non senza parole.
lo stesso Montale per banalizzare e desantificare la parola e' la parola che usa. una parola cosi' potente da essicarti al sole, quello della terra dei limoni, cosi' piena da saturarti la mente.
io senza parole non vivo. e probabilmente non so manifestare la mia magia.
e' il mio limite, ma oltre la tracontanza l'inutilita' la decadenza e l'insignificanza della parola descritta da Montale.
cosi', almeno, spero.
ma di me, come di te, tutto conosco tutto ignoro.

Ex voto
Accade
che le affinità d'anima non giungano
ai gesti e alle parole ma rimangano
effuse come un magnetismo. É raro
ma accade.
Puó darsi
che sia vera soltanto la lontananza,
vero l'oblio, vera la foglia secca
piú del fresco germoglio. Tanto e altro
puó darsi o dirsi.
Comprendo
la tua caparbia volontà di essere sempre assente
perchè solo così si manifesta
la tua magia. Innumeri le astuzie
che intendo.
Insisto
nel ricercarti nel fuscello e mai
nell'albero spiegato, mai nel pieno, sempre
nel vuoto: in quello che anche al trapano
resiste.
Era o non era
la volontà dei numi che presidiano
il tuo lontano focolare, strani
multiformi multanimi animali domestici;
fors'era così come mi pareva
o non era.
Ignoro
se la mia inesistenza appaga il tuo destino,
se la tua colma il mio che ne trabocca,
se l'innocenza é una colpa oppure
si coglie sulla soglia dei tuoi lari. Di me,
di te tutto conosco, tutto
ignoro.
(Eugenio Montale, Satura; Satura II)

Incespicare
Incespicare, incepparsi
per destare la lingua
dal suo torpore.
Ma la balbuzie non basta
e se anche fa meno rumore
è guasta lei pure. Così
bisogna rassegnarsi
a un mezzo parlare. Una volta
qualcuno parlò per intero
e fu incomprensibile. Certo
credeva di essere l'ultimo
parlante. Invece è accaduto
che tutti ancora parlano
e il mondo
da allora è muto.
(Eugenio Montale, Satura II)

venerdì 26 marzo 2010

OBAMA, il potere dentro



Stati Uniti: Obama riesce a far passare la riforma della sanita'. ampliare la copertura sanitaria degli americani era la sfida più ambiziosa del suo programma politico e di fatto risulta la più ampia iniziativa di riforma sociale degli ultimi 50 anni negli Stati Uniti.
non so come ci sia riuscito ma l'ha fatto. ha un valore pressoche' rivoluzionario, la considero una vittoria comunista. Rossa. affermazione, questa, che sa di eresia, mi rendo conto, ma rende l'idea del mio entusiasmo.
penso che ci siano uomini capaci di cambiare le cose.
ci sono uomini che portano in se' un potere di trasformazione straordinario. forse glielo consegna la storia, forse l'hanno geneticamente impresso nel proprio codice, forse lo costruiscono pazientemente con la dedizione e la fede nell'avanzamento.
penso poi ad altri uomini e mi dico che invece il sentore di populismo e falso accreditamento sociale, alla lunga, non pagano. penso e spero che l'alone di santita' in chi urla di un potere talebano della magistratura, ignorando il valore delle leggi, e che si veste di opportunistismo e gogliardia verbale, presupponendo di parlare a un pubblico ignorante, non portera' a cambiamenti consistenti nella nostra cultura. penso che l'abbaglio mediatico abbia un tempo e che solo il valore, lo spessore di una formazione politica capace di consistenza, portera' a proposte civili di progresso e miglioramento collettivo magari di una lungimiranza maggiore di un lodo alfano -già abolito per incostituzionalità- o di una legge sul conflitto di interessi -mai arrivata e magari un giorno non più necessaria-.
penso che una personalità impantanata con una serie infinita di ingiunzioni giudiziarie, di interessi personali nella politica, di paranoie personali di cattivo gusto, non potrà lasciare il suo segno, se non quello di un momento buio, ma non un' impronta, un solco.
per una volta, per una volta, penso che l'America abbia partorito un grande uomo e che, eleggendolo, se lo sia meritato.
come noi, il nostro

giovedì 25 marzo 2010

la fragilita' ci consegna all'altro



mi piace l'ultima canzone di Grignani. il piu' fragile.
mi devo preoccupare?
da Fossati a Grignani e' come lanciarsi senza paracadute da un aereo in quota.
eppure e' una canzone disarmante.
dubbi, agitazione. "lo sai che io mi agito".
l'ammissione di una fragilita' e', in generale, un'operazione veramente coraggiosa.
tanto coraggiosa da sovvertire l'ammissione stessa.
a dispetto del fatto che la debolezza non e' una perdita ma la piu' grande opportunita' di conoscenza e avvicinamento a se stessi e agli altri di cui disponiamo.
la fragilita' ci rende umili e ci consente, come dice la canzone, di abitare le relazioni. ovvero di esserci dentro.
la debolezza esclude il dominio laddove l'amore e' il "modo" della vita, un modo in cui l'esperienza degli altri non ci insegna nulla. ognuno di noi impara da capo, ogni volta, sempre.
non lo so, questa sera va cosi'.

martedì 23 marzo 2010

la nudità che ho scelto


uno dei miei post che risulta più visionato si intitola "sono nuda".
è il quarto dopo gli ultimi tre pubblicati.
a meno che tutti vadano pazzi per le poesie di Antonia Pozzi, me ne dubito dato che non c'è nemmeno un commento, questa indicazione risulta divertente e anche sorprendente.
qualcuno cerca lella costa nuda. vabbe'.
ma chi arriva qui cerca nell'archivio, settembre 2009, sono nuda: clic.
volete vedermi nuda?
o anche un'altra basta che sia nuda?
volete che vi racconti di uno strip?
nove settimane e mezzo o tratto da you porn?
professionale o amatoriale?
foto, interni, viscere, angoli, inclinazioni, dettagli?
sola o in compagnia?
classica o gotica, dark o sadomaso?
consenziente o sotto costrizione, libera o legata al letto?
dolce o selvaggia?
beh dai...fantastico!!
sono lusingata,
ma,
la mia nudità, il mio sesso, la mia sessualità, le mie scopate, le mie preferenze, le mie frequentazioni e inclinazioni
sono solo fatti miei.
il pudore, dice uno che cito spesso, è quel sentimento che difende l'individuo dal timore di naufragare nella genericità animale.
il pudore non limita la sessualità ma la individua, sottraendola a quella genericità in cui si celebra il misconoscimento dell'individuo.
il pudore difende la mia intimita' e mi consente di essere libera.
difende la mia identita' e la possibilita' di intraprendere le relazioni in base alla mia preferenza, alla mia discrezione.
mi protegge dall'omologazione e dal rischio di perdere il mio nome.
il pudore consente di scegliere.
e questo io scelgo.
questo blog, per chi non se ne fosse accorto, parla di sesso in continuazione. trasuda sessualità e desiderio in ogni pagina, in ogni pixel.
non nell'accezione corrente di esibizione orgasmico-eiaculatoria ma in quella personale di dimensione del piacere di godere del bello, del senso, del sentimento, della passione.
ho sentito da poco una canzone di patty pravo: incontro. al di la' di un'enfasi che non mi appartiene, la canzone dice qualcosa di vero, per me. sul rossore.
sono Rossa e mi accendo, sono Rossa e so arrossire, dentro, per pudore.
siete delusi? pensate di dovervi accontentare?
eppure
io qui sono veramente nuda.
questa è la mia nudità.
Rossa

domenica 21 marzo 2010

l'altra faccia del fanatismo



cammino in metrò.
una ragazza chiacchiera con un'altra mi si avvicina distratta e mi passa un volantino.
mi dice, così come fosse un'amica incontrata per caso, "non mangiare gli animali". e ricomincia a parlare con l'amica.
così.
non mangiare gli animali.
di getto mi viene da dirle: tranquilla, mai crudi.
leggo il volantino.
un delirio concretizzato.
una costellazione di parole al limite della contenzione forzata.
una deviazione preoccupante.
è pasqua: salvate gli agnelli dallo sterminio.
le parole, in grassetto: viaggi della morte, terrore, strappati dalle madri, dissanguare, crudeltà, condizioni insostenibili, sofferenza e morte.
parole buone e prese a prestito dalla deportazione degli ebrei nei campi di concentramento, per il genocidio in Ruanda o per i cadaveri ammassati in Cecenia, ad Haiti o in Cile dopo il terremoto.
il fanatismo ha sempre la stessa faccia. sempre.
i talebani sono ovunque, anche tra gli agnelli. anzi, lì di più.
prendono il fucile in mano e in nome dell'ideale sparano sulla folla e fanno cadere i grattacieli in una giornata splendente di sole. l'odio il razzismo la stupidità la demenza prendono sempre la stessa forma, quella della distorsione del reale in favore di un pensiero fuori controllo.
l'atteggiamento fanatico è sempre deformato, ha le sembianze della paranoia, della persecuzione che richiede una rivendicazione forte, assoluta, devastante.
probabilmente c'è un'identificazione proiettiva nell'agnello mangiato a pranzo.
l'aggressività è una pulsione primaria che sorge in risposta alla minaccia. mangi lui, l'agnello, ed è come se mangiassi me. mi stai facendo male, mi stai massacrando. mi stai dissanguando. salvami.
ma poveri...agnelli e animalisti sottoposti alle torture della macellazione disumana.
perchè non si capisce più tanto bene, dato che l'invito è quello di non mangiare CADAVERI di animali....parliamo di uomini o di animali?
sembra si stia parlando di cannibalismo piuttosto che di macellazione.
parlate con un animalista o un vegano e vi sembrerà di parlare con un integralista islamico: oltre a tutto il loro amore inviolato ecumentico universale per gli animali li troverete con i fucili spianati sull'umanità, la stupida razza cui appartengono e che volentieri sterminerebbero al posto degli agnelli o dei pulcini.
l'uso dell'enfasi e della parola scuotente ottiene l'effetto dell'espulsione piuttosto che quella della comprensione e dell'accoglimento della richiesta.
una domanda deve avere le sembianze della credibilità per ottenere una risposta probabile.
altrimenti è manipolatoria, è dogmatica, è cieca.
parla di odio, non di pietà.
dell'odio per l'altro, il diverso da sè, e del suo annientamento, che c'è dietro a ogni fanatismo.
"nè dio nè l'animale possono provare vergogna. soltanto l'uomo non può farne a meno." (M.Scheler) dio non ha pudore perchè non ha corpo, l'animale invece non ha il senso della propria individualità (anche se qualcuno si azzarda a sostenere il contrario), l'uomo possiede entrambe e prova vergogna.
in questo caso ne provo moltissima.

mercoledì 17 marzo 2010

il tempo sognato che bisognava sognare


ci sono doni di valore inestimabile.
questo è veramente buono come il pane fatto in casa.
questo è cibo che mi nutre, mi da speranza di legami che sanno costruire, di persone che mi sanno pensare. come sono e non come dovrei essere.
c'è chi ha la pazienza di spiegarmi ogni giorno
che c'è un tempo che sfugge ma che prima o poi ci riprende
che c'è un tempo negato e uno segreto
che c'è un tempo perfetto per fare silenzio
che c'è un attimo fotografato, dipinto, segnato e quello dopo perduto via
che c'è un tempo bellissimo tutto sudato
che c'era un tempo sognato che bisognava sognare

per me che sono sempre altrove e non so stare dove si deve aspettare, questo dono ha tutto il valore infinito della pazienza.
grazie.

C'è tempo
Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno che hai voglia ad aspettare
un tempo sognato che viene di notte
e un altro di giorno teso
come un lino a sventolare.

C'è un tempo negato e uno segreto
un tempo distante che è roba degli altri
un momento che era meglio partire
e quella volta che noi due era meglio parlarci.

C'è un tempo perfetto per fare silenzio
guardare il passaggio del sole d'estate
e saper raccontare ai nostri bambini quando
è l'ora muta delle fate.

C'è un giorno che ci siamo perduti
come smarrire un anello in un prato
e c'era tutto un programma futuro
che non abbiamo avverato.

È tempo che sfugge, niente paura
che prima o poi ci riprende
perché c'è tempo, c'è tempo c'è tempo, c'è tempo
per questo mare infinito di gente.

Dio, è proprio tanto che piove
e da un anno non torno
da mezz'ora sono qui arruffato
dentro una sala d'aspetto
di un tram che non viene
non essere gelosa di me
della mia vita
non essere gelosa di me
non essere mai gelosa di me.

C'è un tempo d'aspetto come dicevo
qualcosa di buono che verrà
un attimo fotografato, dipinto, segnato
e quello dopo perduto via
senza nemmeno voler sapere come sarebbe stata
la sua fotografia.

C'è un tempo bellissimo tutto sudato
una stagione ribelle
l'istante in cui scocca l'unica freccia
che arriva alla volta celeste
e trafigge le stelle
è un giorno che tutta la gente
si tende la mano
è il medesimo istante per tutti
che sarà benedetto, io credo
da molto lontano
è il tempo che è finalmente
o quando ci si capisce
un tempo in cui mi vedrai
accanto a te nuovamente
mano alla mano
che buffi saremo
se non ci avranno nemmeno
avvisato.

Dicono che c'è un tempo per seminare
e uno più lungo per aspettare
io dico che c'era un tempo sognato
che bisognava sognare.
(Ivano Fossati)

http://www.youtube.com/watch?v=xLquEK6m0o8

no need to argue any more


ho incontrato per la prima volta la voce di questa piccola donna vedendo un film di Michael Winterbottom, Butterfly Kiss. un film estremo, il viaggio di una killer nel regno dell'assurdo, la parabola di un amore che termina in eutanasia.
La colonna sonora, scandita da brani dei Cranberries e quindi dalla voce di Dolores O’Riordan, era rabbiosa quando sottolinava la personalità schizofrenica della protagonista o struggente nel rappresentare la pace drammaticamente raggiunta.
la scena finale del film mi si è insinuata nella mente come una malattia e la musica è stato il suo veicolo senza pietà.
da quel momento la voce di questa donna, Dolores O'Riordan, è entrata nella mia sfera, indelebilmente.
il concerto di ieri sera è l'ennesimo che ascolto, solo la conferma di una passione già impressa nella pellicola del mio cervello.
i concerti hanno qualcosa di veramente unico. mi piace l'onda che si solleva, la direzionalità del pubblico su quell'unica meta, la voce che si alza sopra le teste di tutti e che catalizza l'energia in modo così potentemente espressivo.
mi piace la molteplicità che si esprime coralmente e il rapporto idealmente a due che si crea tra chi canta e chi ascolta, temporaneamente uniti nel formare un'unica grande cassa di risonanza.

ma la cosa che più mi è piaciuta di questo concerto è stato ritrovare una traccia.
la traccia che questa voce vibrante ha solcato nella mia vita, incidendola.

http://www.youtube.com/watch?v=MEaxoSMUgXI

domenica 14 marzo 2010

femmina come la voce


la voce.
chi di voi pensa alla propria voce, al suo valore, al suo peso, alla sua conformazione, alla sua potenza?
la voce è il corpo della parola.
la voce è la sessualità della funzione verbale.
attraverso la voce la parola seduce, attrae chi la ascolta, penetra il suo mondo e lo fa godere. godere di sè.
e, come il corpo, come la sessualità, la voce non mente. non mente mai.
la voce esce da noi, esce dal nostro corpo, e come un oggetto, come altro da noi da noi si stacca e naviga nello spazio, alla sua conquista, in cerca di un approdo. la voce è una protusione del nostro corpo verso l'esterno, è il ponte che ci unisce alle altre persone. per me, forse, la seduzione più forte, immaginabile e comprensibile che ci sia.
quante volte abbiamo la sensazione di non controllare la nostra voce, che esca diversa da come vorremmo. quante volte, ascoltandola, non la riconosciamo, pensiamo non ci appartenga, la vorremmo diversa. quante volte, tutto questo, accade, con la stessa modalità, relativamente al nostro stesso corpo, soprattutto nel rapporto con l'alterità, con l'altro, nel contatto intimo erotico, nell'abbandono?
la mia voce è me, fuori di me. verso di te. ne perdo il controllo e tu la acquisisci come un regalo, un regalo che mi appartiene di cui ti faccio dono.
attraverso la voce possiamo cogliere l'esperienza, in essa si sedimenta la nostra vita, si esprime il nostro umore, si modula il nostro sentire.
quante volte al momento dell'accesso a una verità, la nostra voce si spezza in un calo, un inciampo, un sospiro, un grattamento, un'afonia, quante volte avvertiamo un'interruzione nella fluidità della voce quando ci avviciniamo alla nostra verità.
la voce entra nella relazione tra madre e figlio, la voce crea il confine delle relazioni. si dice che la voce materna prepari il figlio alla dimensione del privato modulandosi come una musica, come un andamento di note, mentre quella del padre consenta l'accessso alla dimensione sociale e funzioni in qualità di cornice. simbolicamente la voce del padre circoscrive la relazione madre-figlio, argina la perdita del bambino nel mare vocalico della madre, e lo delimita arginando la simbiosi tra madre e figlio. nello sviluppo non possiamo fare a meno della melodia materna, ma quella paterna ci è indispensabile per crescere, separarci dalla madre e strutturare il nostro io indipendentemente dalla sua figura.
tramite la voce. la voce di nostra madre, la voce di nostro padre.
il nostro è un universo di suoni, e certi suoni sono strutturati in noi come colonne portanti che ci hanno aiutato ad imparare ad amare e poi a varcare la soglia di casa alla conquista del mondo.

anche la voce dell'orgasmo femminile è una voce che non si dimentica. come la voce delle sirene che inchiodano ulisse al suo palo. Il canto delle sirene dice, a ulisse: ascoltaci e saprai più cose. ma non è di conoscenza che parla il canto delle sirene. è di desiderio. la voce delle sirene sono la voce "altra", sono le cose che ulisse non sa, sono la voce del piacere femminile, del godimento altro, di quella quota di godimento abissale che porta alla perdizione. ulisse non solo è legato al palo, ulisse non può sentire, perchè quel suono è intollerabile, inudibile, devastante. amore e morte, eros e thanatos. è un suono di godimento che porta alla morte. che fa toccare la morte.
la voce del godimento femminile porta a un punto di abissalità che non padroneggiamo, che magari abitiamo, noi stesse donne, ma non siamo in grado di controllare. è l'abisso di cui parla Galimberti, è l'abisso del canto delle sirene, è l'abisso del canto femminile.

a volte sul volto delle donne cantanti si disegna un'espressione, fisica, che è quella del godimento sessuale. lo avete mai notato? sul volto delle cantanti si disegna una distorsione dei lineamenti che ricorda quello dell'orgasmo femminile. la voce femminile è un'onda, che si diffonde in tutto il corpo, fino alla vibrazione delle ossa, si espande per poi tornare al centro, al diaframma. è lo stesso andamento del piacere femminile, la stessa onda. come il piacere femminile la voce del canto si estende di una diffusibilità globale, prende corpo cute sensi, non solo clitoride e vagina. al contrario di quello maschile, centrale, fisso, quello femminile è globale e si estende, come un canto.

sapete cosa sono queste? non quello che sembrano: le corde vocali. eppure...
e lo sapete che nella follia ricostruttiva plastica, che colpisce anche le corde vocali, e' possibile intervenire sulla voce, ringiovanendola, ma solo in altezza, mentre il timbro e' immodificabile? il timbro, cio' che identifica da ogni altra la nostra voce e che porta il sedimento degli eventi, anche nella nostra voce, non puo' subire alcuna ingiuria chirurgica. non puo' mentire al tempo che scorre.
anche la voce, come il corpo, porta i segni della vita che passa.

tutto questo, e altro, è la voce.
la nuda voce.

giovedì 11 marzo 2010

Ciò che tu sei interiormente godrai al di fuori, non c'è meccanismo che possa riscattarti dalla legge del tuo essere



"Il mondo allora avrà una nuova umanità. Il cielo, il cosmo l'infinito non saranno più fuori di noi, ma il vero luogo della nostra coscienza"
Satprem

neve.
ogni volta che vado a fare un massaggio shiatsu nevica.
lo dico al mio maestro zen che sapientemente mi onora della potenza delle sue mani.
inizia il massaggio e, per la prima volta dopo tante volte, interrompe il silenzio sacro del massaggio e mi cita Kill Bill.
mi chiede se l'ho visto e se ricordo una delle scene finali, quella della lotta tra le due donne.
sono sole, sotto la neve, sopra sotto nella neve. la definisce una scena surreale bellissima. la lotta si consuma in uno scenario ovattato che attutisce la forza di quel contrasto.
me lo dice. mi dice che la neve attutisce.
è vero, penso che ammorbidisce i sensi ma penso anche che la neve, bella, dura poco.
la neve è fuori e io, ancora una volta, sono DENTRO.
prosegue il massaggio e io mi abbandono.
completamente.
ormai ne ho fatti molti e ho imparato come si fa. e sento che c'è sintonia tra me e il mio maestro. come due amanti.
ci capiamo, lo abbiamo fatto molte volte e ora respiriamo in sintonia.
seguo le sue mani e la sua pressione sul mio corpo, lo assecondo ed espiro a ogni pressione. e a ogni pressione io sento, avverto, percepisco il mio fluire, il mio abbandono, la testa che si stacca dal corpo.
quando arriva alla nuca io già sono perduta e si tratta solo di portarmi oltre.
si siede dietro di me e sento il suo alito. il mio maestro sa di menta e di bosco.
le sue mani si insinuano sul mio collo, accarezzano i capelli e li allungano indietro. scivola lungo la schiena, da dietro e arriva a massaggiarmi le scapole sollevando la mia schiena con la forza delle mani. delle dita.
io entro in uno stato di immobilità estatica e mi sembra di essere cullata dalle onde del mare. sono in acqua e respiro sempre più lentamente. il mio corpo fluttua, quasi lontano da me.
quasi.
in verità sento uno stato di eccitazione, sono eccitata, sessualmente eccitata.
il mio corpo, globalmente, interamente, gode di sè e della sua consistenza. il tepore si irradia ovunque e mi immagino guardata da un occhio maschile che mi scruta nel mio abbandono e mi desidera per questo. in questo.
le mani del mio maestro si soffermano sul mio volto e poi sulla testa, infila le mani tra i miei capelli disegnando fili sottili che partono dalla fronte e arrivano al centro della mia testa. al centro di me.
penso a quanto mi piacerebbe, e non accade, che un uomo amandomi prendesse anche la mia testa tra le mani, accarezzasse la mia nuca e i miei capelli, mi odorasse e penetrasse anche la mia testa, oltre al corpo.
ora respiro appena, potrei non essere più, potrei dissolvermi. sono ferma, sono sciolta e smembrata, godo di me, e penso alla profondità della compenetrazione, penso alla fusione.
ti penso.
ora mi lascia. si ferma, abbandona la mia testa sul cuscino, perde il contatto lentamente. si ferma, io ho gli occhi chiusi e so che mi sta guardando. sento che, come ogni volta, mi dice: grazie.
questa è intimità.
si alza lieve e se ne va, chiudendo la porta e lasciandomi inerme abbandonata sul tappeto.
sono sola e sono fuoco.
mi sento così tanto, così forte, così piena di me che non c'è altra soluzione.
mi sposto dalla mia immobilità. mi basta sfiorarmi.
mi accarezzo il seno, avverto il capezzolo duro e toccarlo mi fa sentire un lampo che si allunga tra le gambe, potente e delizioso. allungo l'altra mano ed è un attimo.
un attimo veramente. e il mio corpo si scioglie in molte lievi profondissime e lunghe scosse di piacere, pensandoti.

shanti.

lunedì 8 marzo 2010

8 marzo. ragazze e le lande scoperchiate del fuori



dentro.
fuori.
dentro:femmina.
fuori:maschio.
Orfeo e Euridice. uno dei più famosi miti di sempre, una delle più antiche storie d’amore. il cantore Orfeo viaggia negli Inferi per recuperare la sua sposa, morta dopo essere stata morsa da una vipera. il viaggio sembra concludersi felicemente, ma poco prima di raggiungere nuovamente la superficie terrestre inspiegabilmente si volta a guardare la donna, infrangendo così l’unico ordine ricevuto dagli dei come condizione per riportare in vita Euridice che è quindi costretta a tornare nel regno dell’oltretomba senza che ci siano altre possibilità di tornare in vita.
questa è la storia, questo è lo spunto dello spettacolo di Lella Costa.
lei ne ha parlato in un modo.
ma io ne scelgo un altro.

dentro è l'interno della terra. il centro, il fuoco, gli inferi. l'interiore.
fuori le lande desolate, l'azione, la vita e la sua organizzazione. l'operatività.
dentro è donna. dentro è femmina.


fuori è uomo. fuori è maschio.


la donna riceve, dentro. vive dentro. viene dentro.
l'uomo esprime fuori, vive fuori. viene fuori.
la sessualità femminile è dentro, quella maschile è fuori.
volendo estremizzare magari in modo non del tutto anatomicamente corretto, gli organi femminili dentro, quelli maschili fuori.
l'acqua che bagna è dentro, lo sperma che inonda è fuori.
le donne non si vedono i genitali, che, se proprio non sono dentro, sono comunque nascosti agli occhi, gli uomini non solo lo vedono, lo coccolano nel suo svettare, si riflettono nella potenza dell'erezione.
è inutile, le nostre sessualità sono DIVERSE. gli uomini guardano, le donne sentono.
perchè, dico io, perchè, tentare disperatamente e inutilmente di renderle UGUALI?
forse nella natura, originaria, delle donne c'era il pudore, il pudore di ciò che non vedono,
forse nella natura, originaria, degli uomini c'era l'esternalizzazione, l'esibizione di ciò che guardano crescere, svilupparsi, potenziarsi.
mi piace questa visione di una vita femminile che si sviluppa all'interno e predilige l'interno all'esterno, cioè all'esteriorità del fare e gode dentro.
mi piace una visione dell'uomo che si sviluppa e si proietta all'esterno, gode nella realizazzione operativa delle cose, gode fuori.
mi piace pensare a una sessualità femminile rivolta all'interno, allo sguardo dentro, uterino, all'accoglimento e al ricevimento e quella maschile proiettata all'esterno, al dare, al manifestarsi e all'esibirsi.
so. lo so. so bene.
la vita oggi rivolta i ruoli, a torto o a ragione.
ma, ora, non è questo che mi interessa.
so che la sessualità femminile ora è più aggressiva di quella maschile. si esibisce e parla e si mostra e si spoglia all'occhio maschile per attrarla. so che la sessualità femminile oggi è più orientata a dare che a ricevere, che è esternata e mostrata fino alla sua spettacolarizzazione più estrema. fino alla sviscerazione, fino all'eviscerazione. lo so e non mi interessa. ora.
penso che la sessualità femminile nel suo profondo, nella sua natura, nella sua origine sia votata al centro della terra, al fuoco dentro, e alla sua perpetuazione e quella maschile all'esterno della terra e alla sua fecondazione.
mi piace pensare a una donna che sceglie il fuoco della terra e un uomo destinato alle lande del fuori.
le donne
"al limite del piacere
al limite dell'orrore
conoscono posti in cui non vai
non vai.
al limite del dolore
al limite dell'amore
conoscono voci che non sai
non sai
non sai"
così canta Ligabue, e a questo si riferisce, parlando di donne. i luoghi dentro.
a me piace, mitologicamente, pensare che tutto, il tutto, sia nato così. e penso che, in fondo, sia profondamente ancora così, al di là di ogni sovvertimento del reale.
penso che abbia un senso una sessualità femminile misteriosa e vissuta interiormente, sebbene emancipata e indipendente, e una sessualità maschile consona a un ruolo viscerale di esplorazione e proiezione all'esterno, di "conquista", magari apparentemente più superficiale ma maschile e virile, seppure rispettosa e curiosa, sempre.
e penso che buona parte dell'importante, davvero importante, calo della libido e delle estreme difficoltà sia maschili sia femminili nel godere pienamente di una vita sessuale, siano legati a un sovvertimento di ruoli che non giova a nessuno.
certo, nel web siamo tutti grandissimi scopatori. tutti, uomini e donne. ma la verità è un'altra, veramente un'altra. il web è diventato una maschera onnipotente e un trastullo erotico, un enorme dilagante sex toy, un vibratore che mette in risonanza tutto come se la sessualità fosse un oggetto di consumo facile e a portata di tutti.
temo che così non sia.
e temo che la parità sessuale non stia in questo, nell'uguale esuberanza maschile e femminile.
temo proprio di no.
penso che l'origine della nostra storia, della sessuazione, vada rispettata, modulata su ognuno di noi, ognuno con la propria personalissima storia e inclinazioni

al di là del senso che oggi alle parole e alla vita e al sesso si da

dentro il significato del dentro e del fuori che le nostre differenze ci hanno insegnato e rendono l'incontro tra un uomo e una donna, ancora, un'esplosione stellare di conoscenza reciproca.

domenica 7 marzo 2010

la casa del padre


c'e' un luogo, luogo dell'infanzia, che rimane dentro, come un luogo interno, una scatola dentro una scatola. una stanza della mente.
la casa dove abbiamo abitato da bambini, e poi magari anche piu' adulti, la casa dove abbiamo abitato con i nostri genitori.
la casa che e' sede dei nostri ricordi, sfondo della nostra crescita, testimone dei nostri cambiamenti, ambiente dell'amore, dei contrasti, dei conflitti, del disamore o dell'abbandono.
io sono cresciuta in un luogo caldo, pieno di libri, di musica, di cultura, di interesse. magari piu' freddo in altre cose, carente di giocosita', di divertimento, di spensieratezza. un luogo serio, maledettamente serio, a volte troppo. come sono io, alla fine, diciamolo, come sono io.
quella casa mi assomiglia, non e' piu' mia ma la frequento ancora, ceduta a qualcuno che venerava mio padre e ne ha mantenuto assolutamente intatta, come in uno stato di ibernazione, la sua natura piu' vera. torno in quella casa, non e' piu' casa mia, ma e' mia. mia, indelebilmente mia. per sempre. mi appartiene come un forziere carico di gioielli. e io ne possiedo la chiave.
e quella casa sono io, con un profilo preciso ma articolata in angolazioni e ombre, piccola, magari un po' stretta ma aperta, con uno sguardo sul mondo, molto calda e completamente, presuntuosamente, tappezzata di libri, di conoscenza, di curiosita'. importante e seria ma anche comunicativa. si entra e si capisce subito in che posto sei, difficile sbagliarsi.
difficile sbagliarsi su di me. sono inquieta e complessa, ma accogliente e interrogativa.
quella casa e' la forma della mia anima. il suo stile. la sua continuità.

giovedì 4 marzo 2010

regali. un aiuto a essere paziente con tutto ciò che è insoluto


Sii paziente con tutto ciò che è insoluto
nel tuo cuore.
Cerca di amare le domande in sé....

Non cercare adesso le risposte
che non possono essere date
perchè non saresti capace
di viverle.
E il punto è
di vivere ogni cosa.

Vivi le domande ora.
Forse in futuro
gradualmente,
senza farci caso,
un giorno lontano
ne vivrai le risposte.
(Rainer Maria Rilke)

questa è imbarazzante per quanto mi sta cucita addosso. amo le domande, tutto sta nella domanda, quella che ci portiamo dentro, che vive e cresce con noi e si legge nel nostro parlare. e non c'è risposta, se qualcosa ci somiglia non è destinata a durare, è temporanea e non ha la consistenza della voce, solo quella del vento.




Ogni parola nome di una cosa
è un nome singolare della morte
Tranne la vita che non è parola.

La biblioteca di Alessandria arse,
insieme a un libro che narrava l´incendio
che arse la biblioteca di Alessandria.

Ogni orologio che fa l´orologiaio
è uno strumento per segnare l´ora
in cui dovrà fermarsi l´orologio.
(J.R. Wilcock)

lucida, scolpita nella pietra. dolorosa direi. ogni cosa ha un nome -come sono d'accordo, diamo un nome alle cose, ce l'hanno- e la morte proprio il suo. forse, qui dice, la vita no, ma nel senso che la vita è molto più di una parola e non ha nome che la possa contenere tutta. la vita è narrazione, costruzione, paziente e meticolsa. come un orologio, che poi, si, nel suo ritmare ha scritto in sè il suo arrestarsi.




non sono io
sono colui
che cammina accanto a te senza che io lo veda;
che, a volte, sto per vedere,
e che, a volte, dimentico.
Colui che tace, sereno, quando parlo,
colui che perdona, dolce, quando odio,
colui che passeggia là dove non sono,
colui che resterà qui quando morirò.
(Juan Ramòn Jiménez)

questa viene da un mondo inaspettato, almeno in apparenza. parla di immanenza e trascendenza, anime che si confrontano e si parlano, ha una forza che permette di vedere l'eternità. io sono qui ma sono altrove, parlo ma sono essenza, amo ma con odio, vedo ma sono cieco. perchè nascondersi sempre dietro maschere virtuali?


Forse un mattino andando in un'aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.

Poi come s'uno schermo, s'accamperanno di gitto
alberi case colli per l'inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n'andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto
(Eugenio Montale)

sembra la poesia di una rivelazione. quella di una verita' inaspettata, forse terrifica, forse sperata. l'aria di vetro e' un'immagine fortissima, tagliente, mi parla di una dimensione terrea, senza respiro. poi si apre un film, la finzione, e tutto torna alla dimensione abituale ma la verita' (ne esiste una?) ormai e' passata davanti agli occhi. e' cosi' che a volte la vita cambia, senza rimedio, senza possibilita' di voltarsi indietro. potente. un regalo imponente direi.




Ogni mattina, dopo il segno della croce,
scriverti
è come recitare una preghiera.
Non si può far di peggio,
ma io so fare di meglio.
Ora che non ti vedo,
di buon mattino,
mentre tutti dormono,
prendo la penna, come un ladro prenderebbe
la chiave di un forziere,
e con la penna
rubo la vita che non mi appartiene
e scavo un camminamento
per raggiungere te che, contro ogni legge,
considero mia.
(Salvatore Fiume)

questa ve la regalo io, la trovo religiosamente immensa. traccia un cammino dall'anima al possesso. è misteriosa e saccheggia i sentimenti, racconta di un pensiero che cova nascosto la passione, di uno sguardo bendato e rubato. è senza misura, è contro ogni legge. la trovo eccitante.

martedì 2 marzo 2010

segnali


cammino. verso il lavoro. ospedale, pensieri carichi, immagini usuali.
ma.
carro funebre. è un ospedale in fondo, anche se la psichiatria ha meno contatto con la realtà sottoterra, se non su un piano immaginifico e fantasmatico.
lo vedo da lontano, un ragazzo.
un bel ragazzo.
veramente un bel tipo. figo.
cammina nella direzione opposta alla mia. lo guardo, pensavo distrattamente ma mi inchioda, non a caso direi, con un gesto.
passa di fianco al carro funebre.
e.
si fa il segno della croce.
non avrebbe potuto spiazzarmi più di così.
non ci sarebbe stata bestemmia alla tv o due che scopano per strada a farmi più effetto di così.
un gesto desueto, dimenticato, autentico?, inaspettato. totalmente fuori moda.
mi guarda, senza sfida, mi guarda. forse si aspetta la mia sorpresa ma sono abituata a vedere sentire assistere ai movimenti tellurici dell'uomo e, se pur stupita, non mi sono scomposta.
ma dentro mi ha mosso un mondo.
penso subito a Emmaus di Baricco, penso a questa gioventù cattolica credente così lontana dal mio totale ateismo, una gioventù probabilmente più vicina alla mia evoluzione più di quanto creda scetticamente e da quando ho letto Emmaus so che è così.
però la fede non ha collocazione, per me, nella vita frammentata, caotica, erotizzata, destabilizzata, trasgressiva, conflittuale di tutti i giorni, soprattutto di una vita giovane che immagino dentro un turbine emotivo, centrifugata dalle pulsioni.
certamente mi manca qualcosa, qualcosa che mi aiuti a capire fino in fondo.

lunedì 1 marzo 2010

il desiderio è metà della vita - Kahlil Gibran



l'ho visto vincere e nemmeno sapevo chi fosse.
Giuliano Razzoli.
poi sento le interviste, mi incuriosisco e leggo di lui.
non è un ragazzino, è del 1984.
Viene dalla provincia di Reggio Emilia, scia sugli appennini.
padre metalmeccanico, altre due sorelle.
gente di paese, vita dura, molti sacrifici.
il padre lavorava in officina fino alle tre di mattina per alzarsi poi alle otto e portare il figlio agli allenamenti di sci.
nel 2000 gravi problemi alla schiena, con dolori fortissimi che gli impediscono di rimanere seduto costringendolo a seguire le lezioni scolastiche in ginocchio o in piedi appoggiato al muro e che lo tengono fermo per quasi due anni.
forse c'era da dirsi che ormai era tempo di lasciare perdere.
e invece no, riabilitazione, esercizi quotidiani: tutto da perdere tutto in salita tutto contro. ma no, non si rinuncia.
Vancouver 2010, oro olimpico in slalom speciale.
sono sempre e dico sempre molto colpita dalle storie degli sportivi, quelli che vincono e vincono così, che hanno spesso alle spalle sofferenza, dedizione, disciplina.
e desiderio.
il desiderio muove ogni cosa.
la passione ripaga e affranca.
il desiderio è metà della vita.