bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 15 dicembre 2011

Moby Dick: la stabilità della terra e l'inaffidabilità del mare

niente da fare, ci vado matta.
leggo di leviatani in acqua che si cibano di brit che lasciano solchi azzurri nell'oceano come mietitori mattutini che falciano l'erba.
immagini grandiose, almeno per me, evocazioni senza tempo.
fantastico su questo spazio immenso insondabile e misterioso dell'oceano e la sua possente massa d'acqua che tutto prende, tutto copre, tutto crea e distrugge, mentre la terra, madre e nutrice, ci accoglie salda e mite, ci protegge e ci delimita.
e infine:
Considerateli tutti e due, il mare e la terra, e non scoprite una strana analogia con qualche cosa in voi stessi? Perché come quest'oceano spaventoso circonda la terra verdeggiante, così nell'anima dell'uomo c'è un'insulare Tahiti, piena di pace e di gioia, ma circondata da tutti gli orrori di questa semisconosciuta vita.
l'approdo e la deriva, il noto e l'ignoto, la coscienza e l'inconscio.
spettacolare.


Capitolo 58 • BRIT

Puntando a nord-est dalle Crozetts incontrammo vasti prati di brit, quella sostanza gialla e minuta di cui si nutre abbondantemente la balena franca. Per leghe e leghe ci ondulò attorno, di modo che ci pareva di navigare per campi sconfinati di grano maturo, dorato. Il secondo giorno avvistammo parecchie balene franche. Al sicuro da attacchi da parte di una baleniera da capodogli come il Pequod, nuotavano indolenti a fauci aperte in mezzo al brit; questo, aderendo alle fibre frangiate della mirabile veneziana di quelle bocche, era in tal modo separato dall'acqua che veniva espulsa alle labbra. Come mietitori mattutini, che a fianco a fianco avanzano lente e sconvolgenti le falci nell'erba lunga e bagnata di prati acquitrinosi, questi mostri nuotavano facendo un rumore strano, erboso, maciullante; e si lasciavano dietro infinite strisce di azzurro su quel mare giallo. Ma era solo il rumore che facevano tagliando il brit che ricordava in qualche modo i mietitori. Vedute dalle teste d'albero, specie quando si fermavano e restavano per un po' immobili, le loro grandi forme nere avevano più che altro l'aspetto di ammassi inanimati di roccia. E come nelle grandi zone di caccia dell'India lo straniero a volte incontra a distanza elefanti coricati sulle pianure senza neanche riconoscerli, prendendoli per rialzi nudi e anneriti del terreno, così capita spesso a chi osserva per la prima volta questo tipo di leviatani del mare. E anche quando alla fine si riconoscono, la loro grandezza enorme rende difficile credere davvero che simili masse corpulente di materia abnormemente sviluppata possano essere impregnate, in tutte le loro parti, dello stesso genere di vita che anima un cane o un cavallo.


In realtà anche per altri motivi quasi non si riesce a considerare una creatura dell'abisso con gli stessi sentimenti che ci ispirano le creature di terra. Perché, sebbene qualche vecchio naturalista ha sostenuto che tutte le creature della terra hanno equivalenti in mare, e benché prendendo le cose all'ingrosso ciò possa anche esser vero, quando poi veniamo ai casi specifici dove mai, a esempio, l'oceano ci offre un pesce che corrisponda per disposizione alla dolcezza sagace del cane? C'è solo quel dannato pescecane che in qualche aspetto generico presenta con l'altro una relativa analogia. Ma benché, in genere, la gente di terra abbia sempre considerato gli indigeni del mare con sentimenti di straordinaria antipatia e ripulsione; benché noi sappiamo che il mare è un'eterna terra incognita, sicché Colombo viaggiò su infiniti mondi sconosciuti per scoprire a occidente quel suo unico mondo a galla; benché, senza confronto, i più tremendi di tutti i disastri umani da tempo immemorabile e indiscriminatamente siano capitati a diecine e centinaia di migliaia di quelli che si sono messi in mare; benché un solo momento di riflessione ci farà capire che per quanto l'uomo bambino si vanti della sua scienza e abilità e per quanto in un futuro promettente questa scienza e abilità possano crescere, pure, per sempre, fino allo squillo del Giudizio, il mare lo affonderà e lo assassinerà e ridurrà in polvere la fregata più maestosa e robusta che possa costruire; nonostante tutto, per il continuo ripetersi di queste stesse impressioni, l'uomo ha perduto quel senso della piena terribilità del mare che questo aveva alle origini. La prima barca di cui leggiamo galleggiò su un oceano che con vendetta degna di un portoghese aveva sommerso tutto un mondo, senza lasciare viva neanche una vedova. Quello stesso oceano continua ancora a rollare; quello stesso oceano ha distrutto le navi naufragate l'anno scorso. Sicuro, sciocchi mortali, il diluvio di Noè non si è ancora abbassato; esso copre ancora due terzi della dolce terra. In che differiscono il mare e la terra, che un miracolo sull'una non sia un miracolo sull'altro? Paure soprannaturali discesero sugli Ebrei, quando sotto i piedi di Core e dei suoi seguaci la viva terra si aprì e li inghiottì per sempre, eppure oggi non un sole tramonta che il vivo mare non inghiotta esattamente alla stessa maniera navi e ciurme. Ma non solo il mare è un tale nemico dell'uomo, che dopo tutto gli è estraneo, esso è anche un demonio per le sue stesse creature, peggiore di quel persiano che assassinò i suoi ospiti, perché non risparmia la prole che esso stesso ha figliato. Come una tigre selvaggia che rivoltolandosi nella giungla soffoca i suoi stessi piccoli, il mare scaglia contro le rocce anche le più forti balene, e le lascia lì, fianco a fianco coi relitti frantumati di navi. Nessuna misericordia, nessuna legge tranne la sua propria lo controllano. Ansando e sbuffando come un cavallo da guerra impazzito che ha perduto il suo cavaliere, l'oceano senza padrone straripa per il globo. Considerate l'astuzia del mare: come le sue creature più temute vanno scivolando sott'acqua, quasi del tutto invisibili, e nascoste perfidamente sotto le più amabili tinte d'azzurro. Considerate anche lo splendore e la bellezza diabolici di tante delle sue tribù più feroci, come le forme aggraziate ed eleganti di molte specie di squali. Considerate ancora il cannibalismo universale del mare, in cui tutte le creature si predano a vicenda conducendo un'eterna guerra fin dall'inizio del mondo. Considerate tutto questo, e poi volgetevi a questa terra verde, gentile e tanto docile. Considerateli tutti e due, il mare e la terra, e non scoprite una strana analogia con qualche cosa in voi stessi? Perché come quest'oceano spaventoso circonda la terra verdeggiante, così nell'anima dell'uomo c'è un'insulare Tahiti, piena di pace e di gioia, ma circondata da tutti gli orrori di questa semisconosciuta vita. Vi protegga Iddio! Non vi spingete al largo da quell'isola; potreste non tornare più.

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