bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

sabato 21 gennaio 2012

una lacrima cadde nel mare: e tutto il Pacifico non conteneva ricchezze eguali a quella misera goccia

mi avvicino alla fine del mio viaggio sul Pequod e questo capitolo è una sinfonia.
c'è poesia, il cielo femmineo e il mare virile. è un amplesso.
c'è tanto di vero, di universale e di personale, nell'incontro di un uomo con un altro, della follia di uno con la paura dell'altro. e nella separazione che anticipa la morte. 

da Moby Dick: LA SINFONIA

Era un giorno limpido, d'un azzurro d'acciaio. Le sfere dell'aria e del mare si distinguevano appena in quel lago ceruleo. Ma l'aria pensosa aveva una trasparenza pura e soave, come un viso di donna, e il mare robusto e virile si gonfiava in ondate lunghe, poderose, flemmatiche, come il torace di Sansone dormente. Qua e là in alto guizzavano le ali nivee di piccoli uccelli immacolati: erano i teneri pensieri dell'aria femminea; ma giù negli abissi dell'azzurro infinito da ogni parte s'avventavano enormi leviatani e pesci-spada e squali: e queste erano le riflessioni violente, tormentose, assassine di quel mare maschio.

Ma il contrasto, così profondo nell'intimo, di fuori appariva solo in ombre e riflessi. Quei due sembravano una cosa sola; e solo il sesso, diciamo, li distingueva.


Arriva, come un re o uno zar maestoso, il sole pareva donare quell'aria gentile a questo forte mare rollante, come la sposa allo sposo. E laggiù alla cintura dell'orizzonte, quel moto soave e tremulo che si scorge qui all'equatore indicava la fede inebriata e palpitante, le paure innamorate con cui la povera sposa donava il suo grembo. Rattrappito e contorto, nocchiuto e solcato di rughe, dolorosamente fermo e inflessibile, gli occhi rossi come carboni che ardono ancora tra le ceneri di un disastro, Achab uscì sicuro nella chiarità del mattino, alzando l'elmo scheggiato delle ciglia verso la fronte della fanciulla leggiadra del cielo. O infanzia immortale e innocenza dell'azzurro! Invisibili creature alate che ci scherzano tutt'intorno!Dolce fanciullezza dell'aria e del cielo, come eravate dimentiche del dolore contorto di quel vecchio! Ma così ho visto le piccole Miriam e Marta, elfi dagli occhi ridenti, saltellare spensierate attorno all'avo decrepito, giocando con la chierica di capelli abbruciacchiati che gli spuntano ai bordi del cratere spento del cervello. Dal portello Achab traversò lentamente la coperta, si chinò sulla fiancata, e guardò come la sua ombra nell'acqua affondava sempre più ai suoi occhi quanto più cercava di penetrarne l'intimo. Ma gli aromi soavi di quell'aria incantata parvero alla fine dissipare, per un attimo, il cancro che aveva nell'anima. Quell'aria lieta, felice, quel cielo amabile, lo accarezzò in fine, lo rasserenò; la terra matrigna, così a lungo minacciosa e crudele, ora gettò braccia amorose attorno a quel collo testardo, e parve singhiozzare di gioia su di lui, come per uno che, traviato e indurito, ella avesse tuttavia il cuore di benedire e salvare. Di sotto al cappello tirato sugli occhi una lacrima cadde nel mare: e tutto il Pacifico non conteneva ricchezze eguali a quella misera goccia.

Starbuck vide il vecchio; lo vide appoggiarsi di peso alla murata; e gli parve di sentire nel proprio cuore onesto lo smisurato singhiozzo che rompeva dal cuore di tutta quella serenità. Attento a non toccarlo e a non farsi notare, venne a metterglisi accanto.

Achab si voltò.

«Starbuck.»

«Sissignore.»
 
«Ah, Starbuck! È così dolce il vento, il cielo così tenero. In un giorno così, proprio così delicato, colpii la mia prima balena: un ramponiere di diciott'anni! Quarant'anni fa, quaranta... quarant'anni! Quarant'anni fa! Quarant'anni di caccia continua! Quarant'anni di privazioni, e pericoli, e tempeste. Quarant'anni su questo mare spietato. Per quarant'anni Achab ha lasciato la terra serena, per quarant'anni ha fatto guerra agli orrori dell'abisso! Proprio così, Starbuck: di questi quarant'anni non ne ho passati tre a terra. Quando penso a questa vita che ho fatto, e che solitudine spaventosa è stata, questa fortezza murata e chiusa di un capitano, che lascia ben poco accesso ai moti di affetto dalla terra verde lì attorno, ah che stanchezza! Che fatica! Schiavitù africana di chi comanda, così solo... Quando penso a tutto questo, e finora l'ho appena sospettato, mai capito così chiaro... quando penso che per quarant'anni non ho mangiato che roba secca, salata, giusto segno dell'arido che mi nutriva l'anima! mentre che il più povero a terra ha avuto ogni giorno frutta fresca, e spezzato il pane fresco del mondo invece delle mie croste ammuffite...lontano, lontano oceani interi da quella ragazza che sposai più che cinquantenne, partendo l'indomani per il Capo Horn, lasciando solo una fossa nel cuscino del nostro letto... moglie? no, vedova piuttosto di un marito vivo! Sicuro, Starbuck, quella povera ragazza, l'ho resa vedova il momento che la sposai; e poi la pazzia, il delirio, il fuoco nel sangue, il fumo nel cervello con cui questo vecchio ha calato mille volte le barche come una furia, con la bava alla bocca, per dare la caccia alla sua preda: più demonio che uomo! Ma sì, ma sì, quarant'anni di pazzia! Che pazzo! Che vecchio pazzo è stato questo vecchio Achab! Perché questo strazio? Perché sfinire, perché paralizzare questo braccio col remo, col rampone, con la lancia? Che ci ha guadagnato Achab? Cos'è che gli resta? Guardami. Ah, Starbuck! Non è duro, che con questo gran peso che porto, debbano avermi strappata di sotto una povera gamba? Ah, tìrati via i tuoi vecchi capelli: mi vanno negli occhi, e pare che pianga. Cernecchi così bianchi non sono mai spuntati che da mucchi di cenere! Ma ti sembro davvero tanto vecchio, tanto, tanto vecchio, Starbuck? Mi sento stracco da morire, torto in due, con la gobba, come se fossi Adamo che va barcollando sotto il mucchio dei secoli, dal tempo del Paradiso. Dio, Dio, Dio! spaccami il cuore e sfondami il cervello! Che farsa! Che farsa! Che farsa amara e crudele questi capelli bianchi. Forse che ho tanto vissuto sereno da dovervi portare e da parere e da sentirmi così insopportabilmente vecchio? Qua! Vienimi vicino, Starbuck. Fammi guardare dentro un occhio umano. È meglio che guardare nell'acqua o nel cielo, meglio che guardare Iddio. Per la terra verde! Per il calduccio del focolare! Ma questo è uno specchio magico, amico mio: vedo mia moglie e mio figlio nei tuoi occhi. No, no, resta a bordo, resta a bordo e non ammainare con me quando il vecchio marchiato darà la caccia a Moby Dick. Non voglio che tu corra quel rischio. No, non con quella casa lontana che ti vedo negli occhi!»

«Oh capitano! Mio capitano! Cuore nobile, vecchio cuore grande dopo tutto! Perché si deve dare la caccia a quel pesce odioso? Torna via con me! Usciamo da queste acque di morte! Torniamo a casa! Anche Starbuck ha una moglie e un figlio, una moglie e un figlio della sua gioventù fraterna e spensierata, come i tuoi, signore, sono moglie e figlio della tua vecchiaia paterna, piena d'amore e di affetto! Andiamocene via! Andiamo via! Lasciami cambiare rotta subito! Come sarà bello, come sarà divertente, capitano, se torniamo a ruzzolare verso la nostra vecchia Nantucket! Signore, credo che anche lì, a Nantucket, ci siano giornate azzurre e dolci come questa!»

«Ci sono; ci sono. Le ho viste... certe giornate d'estate, la mattina. Verso quest'ora... sì, è l'ora del sonnellino, questa... e il bimbo si sveglia tutto vispo, siede in mezzo al letto e sua madre gli parla di me, di questo vecchio cannibale; gli dice che sono lontano in alto mare, ma che torno per farlo ballare di nuovo.»

«Ma è la mia, la mia Mary questa! Ha promesso che avrebbe portato mio figlio ogni mattina sulla collina, per esere il primo a scorgere la vela di suo padre! Sì, sì, basta! È deciso! Puntiamo su Nantucket! Venite, capitano, studiate la rotta e si torna! Guardate, guardate, la faccia del bambino alla finestra, la mano sulla collina!».
 
Ma Achab aveva distolto gli occhi; si scosse come un albero malato, e gettò a terra il suo ultimo frutto incenerito. «Che cos'è mai, quale cosa indicibile, incomprensibile e inumana, quale falso signore e padrone nascosto, quale tiranno crudele e senza scrupoli mi comanda, che contro ogni affetto e desiderio naturale io debba continuare a spingermi, e serrarmi e schiacciarmi di continuo, per esortarmi pazzamente a fare ciò che nel profondo del cuore non ho mai osato neanche pensare? È Achab Achab? Sono io, Signore, che alzo questo braccio, o chi è? Ma se il gran sole non si muove da sé, e non è che un fattorino del cielo, se neanche una stella può ruotare se non per una forza invisibile, come può dunque battere questo piccolo cuore, e questo piccolo cervello pensare, se non è Dio che batte quel battito, pensa quel pensiero e vive quella vita, e non io. Per Dio, amico, siamo fatti girare e girare in questo mondo come quell'argano lì, e il destino è la manovella. E sempre, guarda lì, quel cielo sorridente e questo mare senza fondo! Guarda! Vedi quell'alalunga laggiù? Chi gli ha messo in testa di inseguire e azzannare quel pesce volante? Dove vanno gli assassini, amico? Chi deve giudicare, quando il giudice stesso è portato alla sbarra? Ma il vento è così dolce, e il cielo ha un colore così tenero, e l'aria è profumata come se spirasse da prati lontani; debbono avere tagliato il fieno chi sa dove sotto i pendii delle Ande, Starbuck, e i mietitori dormono tra il fieno tagliato di fresco. Dormono? Ma sì, per quanto ci affatichiamo, tutti alla fine dormiamo sul prato. Dormiamo? Sicuro, e arrugginiamo tra il verde, come le falci dell'anno scorso buttate da canto e dimenticate tra l'erba ancora... Starbuck!»

Ma l'ufficiale se n'era andato, bianco per la disperazione come un morto.

Achab traversò il ponte per dare un'occhiata dall'altra parte; ma trasalì vedendo, nell'acqua, il riflesso di due occhi sbarrati. Fedallah s'appoggiava, immobile, alla stessa ringhiera.

3 commenti:

lupo ha detto...

buongiorno Rossa, non so se sei a conoscenza che il sito MEGAVIDEO è stato chiuso dall'FBI per violazione del copyright, tutti film caricati fin'ora sono stati rimossi definitivamente, incluso quello con Elio Germano, mi dispiace. prossimamente dovrò rimuovere anche quelli di Stefania, è inutile tenere dei file che non si vedono. Ti saluto, buona domenica

Rossa ha detto...

buongiorno a te Lupo, grazie per il chiarimento, mi domandavo come mai non potessi accedere al video. pazienza, tanto Elio mi piace comunque, video o no.
tutto bene tu?
a presto
Rossa

lupo ha detto...

bene, grazie