bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 4 luglio 2013

ode del sublime

io questo post l'ho già scritto ma non lo ritrovo più.
era lungo e circostanziato e, al momento, anche entusiasta.
avevo raccolto poesie, ritrovato tracce, discorsi e riferimenti.
l'idea di parole scritte andate perdute e non so perchè, mi indispettisce.
dove sono finite?
anche riprovandoci, ripartendo, non saranno mai come prima.
parole perdute, mi sembra una fatica immensa, uno spreco insensato.

Milanesiana 2013.
il segreto.
di questo si tratta, si riflette, si ascolta e si disserta.
la Milanesiana è una splendida iniziativa, ricca, densa, mi inonda di spunti e di punti di partenza.
le sedi sono quelle dell'anno scorso, il Teatro Dal Verme, l'auditorium Pirelli alla Bicocca (posto strepitoso di cui ho già parlato un anno fa sempre in occasione della rassegna milanese -http://nuovateoria.blogspot.it/2012/07/luoghi.html), la sala Buzzati al Corriere della Sera e, quest'anno, anche la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale e lo storico OutOff, teatro off di Milano.
la Sgarbi, Elisabetta, curatrice della rassegna, è sempre molto elegante e garbata, non sempre vestita di mio gusto ma inappuntabile, puntuale e attenta ai suoi ospiti, peccato per una sgradevolissima voce che turba, inquina,  un'aura di culturale santità. 
siccome sono perduta dietro le mie penose stanchezze ieri sera mi sono persa il segreto della voce con concerto finale di Morgan a Palazzo Reale -non saprò mai cosa mi sono persa- e mi sono però prenotata per la serata finale all'OutOff: I segreti delle musica e della letteratura, Prologo: Nicolai Lilin, Lettura e musica: Flavio Soriga con Paolo Fresu. e non si discute.
non mi sono persa però, domenica sera, nonostante una tensione interiore che, debitamente sfruttata, potrebbe fare da generatore alla luce della città di Milano tutta intera, stipata in una sala Buzzati che non può certo contenere la ben nota curiosità dei milanesi, la serata dedicata alle "lezioni d'amore".
a cura di Ginevra Bompiani e Davide Riondino.
introduzione: Ginevra Bompiani e Davide Riondino.
Premio Rosa d’oro della Milanesiana a Ginevra Bompiani.
Amin Maalouf – Nostalgia, Vittorio Lingiardi – Amore platonico, Giuseppina Torregrossa – Seduzione, Gianrico Carofiglio – Desiderio, Luciana Castellina – Passione, Concita De Gregorio – Disamore.
Concerto: Roberto Cacciapaglia.
ho avuto le mie soddisfazioni, devo dire che piano piano, un po' per volta, il mio corposo investimento su letture e studio in genere mi consente di non giungere impreparata a serate di questo tipo, mi riconosco in temi e citazioni, individuo autori e testi, mi ritrovo in libri e poesie portati a sostegno degli interventi.
Vittorio Lingiardi, psichiatra e psicoanalista, si cimenta nella trattazione dell'amore platonico e, guarda guarda, cita copiosamente Lacan, seminario VIII, per intrattenere il pubblico sull'amore di transfert. non so quanti oltre a me lo abbiano compreso, è veloce e spedito, difficile che sia stato colto il senso di una presentazione che porta Socrate, il desiderante assoluto, ad esempio di primo analista della storia, colui che, nella condizione di chi non sa nulla ma è supposto sapere, si pone nella posizione "vuota" che induce ad emergere il desiderio dell'altro. 
la Castellina, molte troppe labbra, brillante e autorevole, si muove sul tema della passione, la sviluppa su un tono, comunque, politico e civile e ci ricorda, come diceva Lou Salomè, che Solo chi rimane completamente se stesso si presta alla lunga a venire amato, perché solo così, nella sua pienezza vitale, può simbolizzare per l’altro la vita, essere avvertito come una potenza di essa. Non vi è errore più grande nell’amore dell’adattarsi timorosamente l’uno all’altro e di uniformarsi a vicenda.
Giuseppina Torregrossa, che non conoscevo, si avventura, descrivendo la seduzione, nell'esaltazione del potere incandescente del cibo ma, citando niente meno che Il Gattopardo, descrive la voluttà sensuale de i "trionfi della Gola" col verde opaco dei loro pistacchi macinati, impudiche "paste delle Vergini" di cui, dice ignara, DON FRANCESCO se ne fece dare due. Don Francesco???? Don Fabrizio per la miseria. Bocciata.
Non mi convince affatto Concita de Gregorio che definisce il disamore il luogo dell'amore disabitato, mancato, potenziale ma non vissuto, prossimico ma inattuato e cita, la più citata di tutti i poeti da ormai molto tempo a questa parte, Wislawa Szymborska con il suo Amore a prima vista, Ogni inizio infatti è solo un seguito e il libro degli eventi è sempre aperto a metà. dissento, totalmente, per la definizione e la poesia citata, il disamore è molto più di un atto mancato, e la poesia insegna che l'amore oltre alla necessità, al solco segnato dall'amore materno, risponde anche all'occasionalità, alla contingenza, al caso che diventa destino.
Mi delizia invece, sorprendendomi, Gianrico Carofiglio che, per parlare di desiderio, cita due poesie sublimi di Saffo e Ritsos, che sottolineano il segno del fuoco, dell'accecamento, della trascendenza dall'io, come codici indiscutibili del desiderare.

L'ode del sublime

Mi sembra simile agli dei
Quell'uomo che siede avanti a te e ti ascolta
Mentre parli e dolcemente sorridi;

e questo fa balzare il mio cuore nel petto,
non appena alzo il mio sguardo verso di te,
anche per un momento solo, nulla più di voce mi giunge

subito la lingua mi si blocca,
un fuoco sottile scorre sotto la pelle
più nessuna cosa vedo con gli occhi
le orecchie rimbombano,
il sudore mi bagna,
e tremore tutta mi prende,
sono più verde dell'erba,
sembro di poco lontana alla morte.

Saffo

Anche le parole

Anche le parole 
vene sono 
dentro di esse 
sangue scorre 
quando le parole si uniscono 
la pelle della carta 
s’accende di rosso 
come 
nell’ora dell’amore 
la pelle dell’uomo 
e della donna.

Ghiannis Ritsos

non solo, per definire il desiderio della scrittura, usa le definizioni di Margaret Atwood e di Francis Scott Fitzgerald, così diverse tra loro, una fondata sul senso della ricerca, del solco, della luce in fondo al buio: scrivere storie è come muoversi a tentoni in una stanza buia, cercando di arrivare dall’altra parte (…) negoziando con le ombre, e l'altra, invece, sulla nostalgica sensazione di inganno che quella luce consegna alle cose: E questo mi ha insegnato che non si può avere niente, non si può avere assolutamente niente. Perché il desiderio inganna. È come un raggio di sole che guizza qua e là in una stanza. Si ferma e illumina un oggetto insignificante, e noi poveri sciocchi cerchiamo di afferrarlo: ma quando lo afferriamo il sole si sposta su qualcos'altro e la parte insignificante resta, ma lo splendore che l'ha resa desiderabile è scomparso.

Buona Milanesiana a tutti

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