bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 11 settembre 2014

intramood

Piccolo Teatro Studio Melato
Intramood
Enrico Intra Trio
Time of Tai Chi
Alex Stangoni, live electronics
Enrico Intra, pianoforte
Marco Vaggi, contrabbasso
Tony Arco, batteria
con i maestri e gli allievi della scuola Happy Tai Chi
Enrico Intra
Enrico Pieranunzi, pianoforte
Introduce Maurizio Franco

siamo al MiTo SettembreMusica.
edizione 2014.
ad oggi ho sentito solo eventi pregevoli.





mi è piaciuto tutto, Intra nel suo Trio con Marco Vaggi, contrabbasso e Tony Arco, batteria, veramente suggestiva la partecipazione del gruppo di Tai Chi accompagnati da Intra al pianoforte, strepitosi, ma veramente strepitosi, tutti i pezzi suonati con Enrico Pieranunzi, che coppia e che bellezza. che musica.
assolutamente indifferente invece la performance con Alex Stangoni, l'accompagnamento elettronico è privo di qualsiasi fascino. anche nell'esplosiva improvvisazione finale, tutti presenti, i suoni senza note provenienti dalla consolle sono stati sovrastati dalla signora musica, nemmeno si sentivano.
peccato, però.
tutto questo gran bene disturbato dalla gente. la gente esiste, a volte facendo bene a volte male, qualcosa ci piace e molto (a me) no.
sono al Piccolo Teatro Studio. dietro di me una signorina in carne, che ho notato perché le ho chiesto se poteva togliere la giacca dalla mia poltrona, ha cominciato, appena iniziata la performance, a battere, totalmente fuori tempo, il piede. molto, con insistenza e con un rumore veramente fastidioso. forse la sentivo così violentemente perché era esattamente dietro di me, ma era intollerabile. l'ho guardata per farle capire che non gradivo...nessuna reazione. è andata avanti per molto tempo senza che nessuno protestasse (la sentivo solo io..) fino a quando, e questa volta davvero sonoramente, deve aver perso il sandalo o forse più propriamente lo zoccolo dal piede. ed ecco la mia liberazione...ha smesso. 
la sala era percorsa dai fotografi professionisti, che sono dei gatti: grandi zoom, nemmeno un rumore, nemmeno un clic, nemmeno una lucina, niente, la professione insegna. in compenso la sala, ad anfiteatro per chi non la conoscesse, con mio grande stupore per la mancanza di un controllo da parte de personale del teatro, era abitata da molti fotografi improvvisati, e imbecilli, che si sono sbizzarriti con molte foto con flash. non una, decine. ora, forse avete idea, o forse no, ma il flash, bianco, lucente, accecante, distoglie immediatamente l'attenzione da tutto il resto per attirarlo su di sé. nessun  pensiero è passato per quelle menti, nessuna valutazione critica, nessuna analisi del contesto e della circostanza. ho la reflex e la uso (e se solo sai usarla sai anche bene che il flash a metri di distanza serve a un c..), forse illumino d'immenso il cuoio capelluto di chi ho davanti (che interessasse quello?) ma non lo spazio scenico di Intra e del suo trio, illuminato, in fondo alla sala. avranno fatto il bilanciamento del bianco?
risultato, distrazioni continue, pubblico ignorante, evento disturbato.
arriva il gruppo di Tai Chi, ed è un bel momento. improvvisamente la sala si solleva dal suo torpore, si anima ma non dello spirito giusto. la gente si attiva, si eccita sul piano virtuale, digitale, informativo, divulgativo su FB, e non può pensare a occasione più ghiotta per tirare fuori il suo magico oggetto, il suo fallo conquistatore, e inizia a fotografare, a filmare, a inviare:...ehi sono qui...io si e tu no...guarda un po...ti mostro, mi mostro..si sentono i clic, si vede la luce dei cellulari, per non parlare degli iPad, si passa dal buio e dalla concentrazione, necessari, alla luce e alle mani alzate, insopportabili, alle foto che scorrono sotto le dita, alla cancellazione di quella che non va, alla ripetizione infinita del gesto automatizzato senza cervello. robotizzato.
io mi vergogno, mi vergogno dell'epoca malata in cui vivo, mi vergogno per la stupidità della gente, per la sua pochezza: l'evento non può essere fruito né goduto in sé, vissuto e guardato, osservato e valutato. magari raccontato.
no.
va filmato per rappresentanza. va inviato per dire: io filmo e quindi esisto. io posto e quindi sono. io invio e quindi sono guardato.questo posto, questa fatica artistica, esiste perché sarà ricreato sul pc. ma creando molto fastidio in sala, a me e a chi si stava esibendo. un'opportunità di bellezza, lenta e misurata, inquinata dalla follia dei steve jobs e della sua genia. e creando distrazione a se stessi ovviamente, perché come si filma e si fotografa, non si vede né si sente, ci si astrae, ci si aliena in altro, si va altrove, non dove si è ma dove si sarà. 
nel mondo del pixel.
io dico rimaneteci e inventatevi quel che non c'è, non venite a teatro, dove si vive, si sente, si percepisce. 

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