bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

giovedì 31 dicembre 2015

se avremo coraggio

saluto con Rodari, dal libro dei perché.
nessun commento, andiamo avanti, tutto esisterebbe anche senza di me.
questo divano, su cui siedo, questa stanza sarebbero immutabili, in mia assenza.
ragiono sull'assenza, il corpo è la mia dannazione.

C’è un’astronave che si chiama Terra,
nello spazio lanciata
per un lungo viaggio.
Noi siamo l’equipaggio,
ognuno è passeggero e capitano.
Andremo lontano
se avremo coraggio.

lunedì 28 dicembre 2015

tra un atto e l'altro

Sgranocchii lievi e fruscii rompevano il silenzio, Folate di zucchero e abbondanza erano nell'aria, in filigrana. 
sono rimasta stregata alla presentazione del libro a Book City, con la lettura di Anna Nogara di pezzi tratti dal testo, nel cortile del Teatro Grassi.
una situazione cortese, gaia, piena di grazia.
ma il libro, Tra un atto e l'altro, è un libro difficile, scritto in modo difficile, alla Woolf, ma senza nessuna pietà. non c'è nulla che vada liscio, tanto meno nella lettera, nella scrittura, è un testo pieno di punte e di artigli, sul presente, sulla mancanza di grazia della vita quotidiana, su quel tempo che sta in mezzo alla rappresentazione, tra un atto e l'altro, il tempo del reale. libro inedito, non approvato dalla Woolf e, forse, per un buon motivo. il giorno prima aveva scritto di non volerlo pubblicare perché troppo “sciocco e frivolo”. il testo era lì, sulla sua scrivania, mentre, poco dopo la sua stesura, si suicidava.
c'è una pagina:
La sguattera, prima di portare i piatti in tavola, si rinfrescava le guance nello stagno delle ninfee. C'erano sempre state ninfee, là, cresciute spontaneamente, con i semi portati dal vento, galleggiavano rosse e biancge sui dischi verdi delle foglie. L'acqua, per centinaia di anni, si era fermata in quel buco e ristagnava, profonda quattro o cinque piedi, su un nero cuscino di fango. Sotto lo spesso disco di acqua verde, glassati nel loro mondo egocentrico, i pesci nuotavano- rosi, screziati di biancostriati di nero e d'argento. In silenzio, guizzavano nel loro mondo d'acqua, sospesi nella toppa azzurra formata dal cielo, o si lanciavano, in silenzio, verso la sponda dove l'erba, che tremava, formava una frangia d'ombra oscillante. A pelo d'acqua, i ragni stampavano le impronte delle loro zampe delicate. Un granello cadde disegnando una spirale. Un petalo cadde, si riempì d'acqua e affondò. Al che, la flotta di corpi natanti si fermò, attese, si preparò e in un baleno di scaglie, con un guizzo ondulato scomparve.
Era in quel centro profondo, in quel cuore nero, che la donna era annegata. Dieci anni prima avevano dragato lo stagno e trovato l'osso di un femore. Ahimè, era di una pecora, non di una donna. E una pecora non ha un fantasma, perchè una pecora non ha un'anima. Ma la servitù insisteva, doveva essere un fantasma. E il fantasma doveva essere di una donna. Che si era annegata per amore. Per questo nessuno di loro passeggiava intorno allo stagno delle ninfee di notte, ma solo quandoil sole era alto, come adesso, e i signori erano a tavola.
Il petalo affondava.

si parlava, in quell'incontro, di una vena comica della Woolf, presente in questo libro. io invece avverto la tragedia, avverto che sotto il suolo c'è un'inondazione, un'acqua irrequieta che affiora di continuo, che la parola non argina. le parole della Woolf hanno smesso di adeguarsi nelle frasi, fanno a pugni tra loro, mentre il suo petalo, la sua vita, affonda.




lunedì 21 dicembre 2015

true detective

no, lui non doveva morire, ci sono rimasta malissimo per quanto fosse assolutamente evidente che era questione di minuti.
lo vedi come procede la scena, mannaggia lo vedi è questione di attimi, il casino sta per succedere...ancora qualche metro...magari mi sono sbagliata....e invece zac, colpo di pistola, morto.
esce da una porta a spinta, bang, di spalle, è morto.
eppure ho pregato perché non accadesse.
adesso cosa faccio?
Paul Woodrugh. poliziotto inquieto, omosessuale ma non si può dire, tantomeno a se stessi, sguardo sbieco sempre, poche parole, un moto interiore, angoscioso, senza fine. bel personaggio. mi sono innamorata.
lo guardavo e mi dicevo: l'ho già visto. già. in Battleship, ma non ditelo a nessuno, certe visioni, come certe frequentazioni, non andrebbero mai confessate. ma lì era un fessacchiotto con il mitra in mano contro la razza aliena... qui è un poliziotto con la rivoltella in mano contro la criminalità umana.
ma niente, per lui, non c'è speranza.
e nemmeno per gli altri due, Frank Semyon, crudelissimo ma elegantissimo, quei mostri di ferocia travestiti da gran signori, e il detective Ray Velcoro, invece incarnazione trasandata e alcolica della dannazione fin dalla nascita. nemmeno per loro, nulla da fare.
anche lì: sto tornando, aspettami, abbiamo tempo.
ho capito, adesso muore.
infatti.
la dovrebbero piantare però di scrivere così le scenografie.
siamo in True Detective, seconda serie.
bando alla ciance, mi è piaciuta la prima e, moltissimo, anche la seconda.
mi dicono che il regista Fukunaga, felice direttore di tutta la prima serie, non ne abbia diretto neanche uno, o solo uno?, della seconda, che i registi si sono infelicemente  alternati ad ogni episodio e che questa discontinuità si vede e si patisce, ma la scenografia è sempre sua, Nic Pizzolatto. di origine italiana?
il detective Antigone "Ani" Bezzerides è un'altra bella tosta, piacciono così, quando hanno la pistola in mano. è una lei non proprio femmina, è una lei -che grinta e che pantaloni attillati- accusata di stalkeraggio alla quale piacciono, risponde provocata, "molto grossi". le disegnano così, non possiamo farci nulla.
in verità le scene si alternano con grande enfasi e buon ritmo, la storia non mi è sempre chiara perchè non memorizzo i nomi e salto, povera me, i passaggi chiave,  ma i personaggi sono dominanti sulla storia e sono accattivanti, i dialoghi, al solito, intriganti. bellissime le scene in cui la città, Vinci, immaginaria località californiana, si vede dall'alto.
sono i momenti più belli, la musica è fantastica e trascinante, evoca il dissesto morale, si vede una panoramìca agghiacciante in cui le immense arterie stradali sono arterie pulsanti sangue, portanti devastazione e perdizione, corruzione e miseria, miseria umana e morale, sono arterie come alberi, diramazioni come l'acqua nelle foto di Burtynsky, sono panoramiche in cui per un attimo torna l'insieme di uno schermo diviso tra storie inconciliabili, tra vite incomunicabili.
bella serie televisiva, veramente bella.

domenica 20 dicembre 2015

mentre il corpo c’è, e c’è, e c’è

TORTURE
Wislawa Szymborska

Nulla è cambiato.
Il corpo prova dolore,
deve mangiare e respirare e dormire,
ha la pelle sottile, e subito sotto – sangue,
ha una buona scorta di denti e di unghie,
le ossa fragili, le giunture stirabili.
Nelle torture, di tutto ciò si tiene conto.

Nulla è cambiato.
Il corpo trema, come tremava
prima e dopo la fondazione di Roma,
nel ventesimo secolo prima e dopo Cristo,
le torture c’erano, e ci sono, solo la terra è più piccola
e qualunque cosa accada, è come dietro la porta.

Nulla è cambiato.
C’è soltanto più gente,
alle vecchie colpe se ne sono aggiunte di nuove,
reali, fittizie, temporanee e inesistenti,
ma il grido con cui il corpo ne risponde
era, è e sarà un grido di innocenza,
secondo un registro e una scala eterni.

Nulla è cambiato.
Tranne forse i modi, le cerimonie, le danze.
Il gesto delle mani che proteggono il capo
è rimasto però lo stesso.
Il corpo si torce, si dimena e divincola,
fiaccato cade, raggomitola le ginocchia,
illividisce, si gonfia, sbava e sanguina.

Nulla è cambiato.
Tranne il corso dei fiumi,
la linea dei boschi, del litorale, di deserti e ghiacciai.
Tra questi paesaggi l’animula vaga,
sparisce, ritorna, si avvicina, si allontana,
a se stessa estranea, inafferrabile,
ora certa, ora incerta della propria esistenza,
e il corpo c'è c'è c'è,
e non trova riparo.

http://www.radio.rai.it/podcast/A42414092.mp3

in polacco tortura suona come in italiano.
e il corpo c'è c'è c'è,
podczas gdy ciało jest i jest i jest.
la tortura, oltre a quella cui si riferisce la Szymborska, è, molto di più molto di meno, quello che infligge l'anoressia al corpo.
ma anche la SLA o il diabete.
le unghie scarnificate, i capelli massacrati da gesti ossessivi.
e il corpo c'è e c'è e c'è,
podczas gdy ciało jest i jest i jest.
la tortura è quello che rimane dopo il Bataclan, gente trivellata per terra, sangue, la faccia immersa nel sangue, la postura immobile con il cuore a mille accovacciati dietro un muro per non morire. non respiro, non deglutisco, non emetto suoni, non faccio nè la cacca nè la pipì, mai sentito il corpo così.
e il corpo c'è e c'è e c'è,
podczas gdy ciało jest i jest i jest.
memoria indelebile del corpo nell'attesa di quel momento, un eccesso, un oltre, un indicibile, un'impronta che non si può né si vuole dimenticare. come sarà il corpo da morto? come devo mettermi per morire? dopo, il mio corpo sarà osceno?
e il corpo c'è e c'è e c'è,
e non trova riparo.
corpo consistenza del parlessere, l'incoscio è come Baltimora all'alba.

giovedì 17 dicembre 2015

adorazione dei pastori


sta signorina mi dice delle cose che non capisco.
ma come parla?
perchè fornisce informazioni così tecniche sui vangeli apocrifi? sono attinenti? mi frega qualcosa? e a lei frega qualcosa?
è un esercizio di stile? è una verifica scolastica?
lei lo sa benissimo che dice cose che qui in pochi, forse nessuno, capisce.
c'è gusto?
è come quando i medici sono super tecnici per fare i pavoni e i pazienti non capiscono niente.
a cosa serve?
cara ragazza della Civita, le tue indicazioni sono boriose e poco interessanti.
indicazioni sulla tela, sull'aspetto artistico?
nulla.
qualche hanno fa fu molto diverso, ricordo indicazioni interessanti sulla pioggia di angeli della Madonna di Foligno di Raffaello e ancora di più sulla Donna allo specchio di Tiziano.
mah, questa volta mi sembra una svendita ai saldi.

la tela mi piace molto meno di quelle che l'hanno preceduta in questa sala Alessi di Palazzo Marino, sarà anche che sono stata perquisita all'entrata e sento che la libertà è perduta, finita. la radicalizzazione semina così il suo odio per la vita, sottraendo libertà.
Rubens era un uomo di successo, ricco famoso appagato, capace efficente e produttivo.
la sua opera mi colpisce per la luce, scura, chiara, contrastata, caravaggesca, e per quei due piani, sopra e sotto, con tutta quella corposità maestosa, i pastori e gli angeli, quanto peso, quanta carne. mi aspetto che il tutto collassi, quegli angeli non ce la faranno ancora per molto a opporsi alla forza gravitazionale.
non vedo grazia, vedo opulenza, vedo uomini non un mondo celeste, non mi muovo a commozione, intuisco prosperità, un troppo pieno, la pienezza barocca, la buona e sana vita di Rubens.

venerdì 11 dicembre 2015

bellissima

bellissima bellissima sono belissima, mia madre era bellissima.
era, mia madre, elegantissima. l'eleganza, di fatto, si è fermata lì, in quegli anni lì, anni 60, un po' prima, un po' dopo.
ecoola, Jole Veneziani, che splendida mostra a Villa Necchi Campiglio, due anni fa.
meraviglia, bellissima.
guardo i vestiti e penso che la moda sia quella, sia stata quella.
ricordo il bianco e nero della televisione, oppure al cinema, cine giornale dell'istituto Luce!!, sento quelle musiche, inconfondibili, quelle voci delle presentatrici, inimitabili, ed è un'atmosfera ineguagliabile. è la mia infanzia, è il carosello, è la Orsomando che presenta, e mia madre era bellissima.
Mina era bellisima, la Carrà invece no, non mi piaceva, e a Canzonissima erano bellissime.
alla Villa Reale di Monza, bellissima ovviamente, c'è una mostra, bellissima, che parla delle bellissime.
Bellissima, l'Italia dell'Alta Moda, 1945-1968.






i vestiti sono fantastici, i tessuti di più, si respira aria di raffinatezza e portamento.
ricordo la gonna con i maglioncini, le scarpe e i cappotti, i cappelli e le pettinature.
ricordo le vestaglie della mattina appena sveglia, di mia madre, e chi le porta più? forse, adesso, una felpa e via...ma c'erano anche quelle, le vestaglie, nel documentario sulla moda che ho visto alla mostra.
poi sono a Villa Reale, le stanze sono mozzafiato, fa freddo e odio l'inverno ma qui è tutto bello, nostalgia canaglia, per un giorno, per qualche ora è tutto bello e sono bellissima.




Negli Appartamenti della Reggia, al Secondo Piano Nobile, sono esposti, secondo lo straordinario allestimento ideato dallo Studio Migliore Servetto Architects, alcuni dei maggiori "capolavori" (da Renato Balestra a Roberto Capucci, da Fernanda Gattinoni a Valentino fra gli altri), dell’alta moda dal dopoguerra al 1968, provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private: abiti che hanno fatto la storia della moda e dello stile italiano, grazie ai quali sarà possibile rivivere atmosfere e suggestioni dell’alta moda nell’Italia di quegli anni straordinari. Cuore di Bellissima, a Villa Reale a Monza, è la galleria a cui si connettono tutte le sale, dove si dispiegano i vari temi della mostra. La Galleria ospita infatti una spettacolare selezione di materiali che testimoniano l’importanza e la centralità della nostra industria tessile per l’ideazione e la promozione della moda italiana, ieri come oggi. Il rapporto dell’alta moda italiana con le industrie tessili come Lanerossi, Lanificio di Pray, Marzotto Group, nelle sue espressioni più riuscite come l’abbigliamento da giorno, diventa il modo per capire gli sviluppi recenti della moda. Lungo il percorso espositivo sono inoltre presentate le foto dei protagonisti tratte dagli archivi di Federico Garolla, Johnny Moncada, Ugo Mulas, e filmati di RAI Teche e dell’Istituto Luce che restano documenti insostituibili di quegli anni. In una sala dedicata al cinema è presente un video con gli spezzoni più significativi dei film di registi come Antonioni, Rossellini e Fellini, che negli anni della Hollywood sul Tevere hanno accompagnato la moda e l’evoluzione del gusto.

giovedì 10 dicembre 2015

la nostra città è dotata del dono della nobiltà, le sue meraviglie, la sua forza, il suo ingegno la fanno rosa tra i fiori, leone tra le fiere. (Bonvesin de la Riva)

"La nostra ricchissima città è situata in una grande bella e fertile pianura, dove il clima è mite, e da ogni parte giunge tutto ciò che serve alla vita degli uomini. Ad ugual distanza fra due magnifici fiumi, il Ticino e l’Adda: non è dunque senza ragione che assunse il nome di Mediolanum: terra a mezza via tra i fiumi."
Le meraviglie di Milano di Bonvesin de la Riva

Milano, città d'acqua. Mostra a Palazzo Morando.
bellissima, emozionante.
ci sono i canali, i navigli, le conche, i mulini, le vedovelle, la darsena, le fontane, le piscine, l'arena, anche immagini dell'Acquario all'Expo di Milano del 1906. fantastico.
ci sono i Bagni Diana, la piscina Caimi, l'ex albergo diurno Cobianchi.
c'era un laghetto in piazza Santo Stefano, sotto il Policlinico, pare fosse malsano, ma era fighissimo.

c'è anche il Porto di Mare, ora solo fermata del metro.
ne scriveva Antonia Pozzi.

La mostra “Milano, città d’acqua”, promossa da Comune di Milano | Cultura in collaborazione con l'Associazione Spirale d'Idee, e curata da Stefano Galli, presenta 150 immagini d’epoca, provenienti da archivi pubblici e privati, oltre a documenti inediti e materiale cartografico per testimoniare la ricchissima presenza d’acqua in città fin dalla sua fondazione, come elemento cardine attorno al quale si è costruita la fisionomia dell’urbe, la sua prosperità e la sua fortuna storica. L’esposizione documenta la “storia d’acqua” di Milano a partire dalle cronache due-trecentesche di Bonvesin de la Riva e di Galvano Fiamma che descrivevano la città ambrosiana come ricca di rogge e canali lussureggianti e pescosi, e disseminata di mulini. Si passa poi a documentare l’importante ruolo assunto dall’acqua per la difesa militare della città, nonché per la sua crescita economica e industriale. Il percorso espositivo è corredato da sezioni dedicate a curiosità quali la presenza di "fonti miracolose" e il mistero dei battisteri e delle fontane ottagonali; la storia dell'Idroscalo, costruito per ospitare l'atterraggio degli idrovolanti, e quella della Darsena che, per alcuni decenni, è stato l'ottavo porto italiano per traffico di merci. Poi ancora l'esperimento dell'uomo scafandro sul Naviglio grande nel Settecento; le ragioni che hanno salvato l'Acquario Civico dalla demolizione e altri aneddoti. A conclusione un excursus storico sugli impianti di depurazione delle acque reflue: dalle "marcite" di epoca cistercense (secc. VIII – X) ai moderni impianti di Nosedo e San Rocco.














"In città non ci sono cisterne, né condutture che portano l’acqua da lontano.Ci sono invece seimila fonti naturali di acqua ottima da bere; fonti limpide, salubri, mai asciutte per quanto secca possa essere la stagione, e sono di una tale abbondanza che pressoché in ogni casa è posta una bella fontana, un pozzo d’acqua viva. Di quest’acqua se ne può bere a volontà, senza che faccia alcun male: una volta bevuta, essa scorre subito per tutto il corpo grazie alla sua sottigliezza e leggerezza e viene assorbita nel migliore dei modi."
Le meraviglie di Milano di Bonvesin de la Riva

venerdì 4 dicembre 2015

le mani della madre

Rainer Maria Rilke
Le mani della Madre


Tu non sei più vicina a Dio
di noi; siamo lontani tutti. Ma tu hai stupende
benedette le mani.
Nascono chiare in te dal manto,
luminoso contorno:
io sono la rugiada, il giorno,
ma tu, tu sei la pianta.

 
ho letto le Mani della Madre di Recalcati e l'ho apprezzato, fermo restando che è troppo divulgativo da una parte e troppo specialistico dall'altra, cerca di accontentare tutti, alla fine.
si esponesse solo la metà, Recalcati, andrebbe bene, sarebbe una persona utile, quasi necessaria con la sua straordinaria dote divulgativa, nel suo enorme talento narrativo, ma la sua onnipresenza, alla fine, ne squalifica le doti, è maniacale nel suo presenzialismo, nella sua smania di scrittura.
scrivi meno Recaclcati, parla di meno Recalcati, inflazionare la psicoanalisi non è un buon servizio alla stessa.
ogni cosa, anche la pratica della parola, è più bella se velata di mistero. se supposta sapere, non se sa a tutti i costi. su tutto.
mi domando quale tempo gli rimanga per la cura dei pazienti, per la riflessione sul caso, sulla persona, quella persona. ci vuole tempo, concentrazione, per fare della buona pratica clinica e non puoi averne, così. non si può. tempo vuol dire anche limite.

bellissima la poesia di Rilke, nella prefazione del libro.

giovedì 3 dicembre 2015

expo dopo expo

ho visto presso l'Ordine degli architetti una mostra interessante.
Expo dopo Expo.
In questi mesi si è parlato soprattutto della cosiddetta eredità immateriale, a cominciare dalla Carta di Milano, ma quale sarà il lascito di Expo 2015 dal punto di vista paesaggistico e architettonico? Come rinascerà l'area del sito espositivo dopo che sarà terminato lo smontaggio dei padiglioni? Sono le domande su cui vuole far riflettere la mostra 'Expo dopo Expo', ospitata dal 5 al 20 novembre nella sede dell'Ordine degli Architetti della Provincia di Milano, in via Solferino 17. Otto fotografi indagano con i loro scatti sullo stato dei luoghi di sette Esposizioni universali al termine della manifestazione: Claudio Sabatino si è concentrato su Siviglia 1992, Marco Introini su Lisbona 1998, Claudio Gobbi su Hannover 2000, Maurizio Montagna si è dedicato all'Expo del 2002 in Svizzera e Gabriele Basilico a quella di Saragozza del 2008, mentre le immagini di Pierfrancesco Celada documentano il post Shanghai 2010 e quelle di Matteo Cirenei e Marco Menghi sono focalizzate sull'Esposizione appena terminata a Milano. "L'Ordine degli architetti vuole sollecitare il dibattito pubblico su temi quali la destinazione funzionale dell'area di Expo 2015, il rapporto con la città metropolitana, il governo delle decisioni, la trasparenza delle procedure di incarico, il rapporto tra interesse pubblico e imprenditorialità privata" spiegano gli organizzatori (Lucia Landoni)  


Hannover 2000




Suisse 2002


Shangai 2010
 


  Siviglia 1992



 Lisbona 1998
 


Saragozza 2008 (foto di Gabriele Basilico)





Milano 2015




siamo orfani


e poi ho visto un'altra mostra interessante, Franco Fontana alla Fondazione Eni Enrico Mattei.
 
Franco Fontana è uno dei fotografi italiani più celebri nel mondo, molto amato dalla critica e dagli appassionati di fotografia. Il lavoro di Franco Fontana dedicato all’architettura dei padiglioni di Expo Milano 2015, ospitato dalla FEEM di Milano, si compone di 42 opere fotografiche scattate da Franco Fontana nel giugno scorso presso il sito espositivo di Expo Milano 2015. L’idea di rappresentare l’esposizione universale attraverso le immagini è di Canon Italia che, nell’ambito del suo ruolo di Imaging Sponsor di EXPO Milano 2015, ha affidato a tre famosi fotografi italiani - Franco Fontana, Paolo Castiglioni e Francesco Cito – il progetto “EXPO, Vista d’autore”, incentrato su tre tematiche: Architettura, Food, Persone. Ogni fotografo ha avuto completa libertà espressiva nella scelta degli scatti e nell’impaginazione dei libri fotografici d’autore che ne sono nati. In particolare, il progetto di Franco Fontana è realizzato nel solco dello stile dei celebri paesaggi urbani del fotografo modenese, maestro del colore in fotografia. Le foto architettoniche sono state tutte scattate in esterna e ritraggono alcuni dei padiglioni presenti al sito espositivo di Expo Milano 2015. All’autore è stato chiesto di dare un volto inedito alle prospettive dell’architettura di Expo Milano 2015, come legacy culturale della presenza dell’Esposizione Universale per la città di Milano e per le comunità dei visitatori e osservatori di tutto il mondo, sfida che la FEEM ha voluto raccogliere e rilanciare.

Il fotografo Franco Fontana ha descritto il suo lavoro così: “Ho approcciato Expo Milano 2015 con gli occhi densi di stupore di un bambino, come durante il compiersi del miracolo dell’adolescenza, testimoniando il mio modo di rendere visibile l’invisibile, esprimendo quello che già conosciamo, poiché l’invisibile è l’anima. Quello che ho visto era una parte di conoscenza che possedevo già, che ho interpretato ed espresso, dando significato alle forme e offrendo una testimonianza della vita delle forme stesse. Fotografo ciò che penso, il pensiero mi identifica. La macchina fotografica è solo un feticcio”.













siamo vedovi.