bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

lunedì 23 maggio 2016

piano city

insomma, io rimango estasiata.
ma quanta, e dico quanta, quanta gente sa suonare il piano.
sarò scema ma questo stupore mi ha accompagnato per tutto questo bel fine settimana.
e non erano certo tutti lì a Piano City, chissà quali altre decine centinaia di persone a Milano e migliaia nel mondo.
sanno suonare il  piano.
non tutti allo stesso modo, è certo. Michael Nyman fa schifo per esempio.
si schifo, lo dico e lo ripeto.
da vergognarsi che l'incipit di una manifestazione a questo livello inviti per una serata speciale a Villa Reale uno come Nyman. colonne sonore? bene, due accordi suonate per un'ora e mezza di concerto. dico due accordi, una nenia senza fine. il pezzo speciale composto per Milano? indistinguibile dalle nenie prima e quelle dopo. un pianista pessimo, a video inquadravano le sue mani, sempre nella stessa posizione per tutto il tempo, rigide, imprecise, quanti errori.
e se lo capisco io che non capisco un'acca di musica!
dopo quel bleah iniziale è stato un crescendo di meraviglia.
ho visto giovani talenti ancora incerti (anche un bambino, Matteo, avrà avuto 11 anni al massimo) e maestri d'arte.
ho visto mani volteggiare su quei tasti, ho assistito a quell'opera d'arte che è la manualità musicale, ho percepito cervelli raffinatissimi (che competenze incredibili si possono acquisire), ho visto l'energia, la passione, ho sentito l'innovazione (non sempre gradita alle mie orecchie), ho conosciuto un nuovo autore, Gyorgy Ligeti,  ho visto tre piani al Teatro Burri stagliarsi sullo sfondo del castello sforzesco, ho goduto di una serata alle Tre Torri in compagnia della musica dei Beatles.

ma, tornando alla questione, quella competenza, quella capacità, di suonare il piano, non la possiedono in due, ma in molti.
allora penso che all'uomo tutto, o molto, è possibile. 
è lo stesso stupore che provo nella danza.
ne avverto la complessità, la divinazione, la santità.
sono invidiosa.
ci penso e mi dico che le mie competenze sono comuni, sono facilmente acquisibili, non possiedo nessun talento, nessuna arte, nessun dono. probabilmente c'è anche in me una qualche potenzialità, ma mai l'ho cercata, mai l'ho applicata, mai l'ho coltivata.
ho provato ammirazione e tanto più ho percepito la trascendenza tanto più ho provato invidia. desidero quello che altri possiedono, consapevole della disciplina e del sacrificio che sottendono quel risultato.
mi consolo pensando a uomini e donne che hanno saputo abitare il loro desiderio elevandosi, eternizzandosi, non mi rimane che goderne, da spettatrice.
Piano City.

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