bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

sabato 29 ottobre 2016

usate la verità come pregiudizio

La fotografia è una piccola voce, nel migliore dei casi. Tuttavia qualche volta – solo qualche volta – una fotografia o una serie di fotografie possono farci prendere coscienza di un avvenimento. Molto dipende dall’osservazione; alcuni possono trarre un’emozione capace di farli pensare. Alcuni – forse molti – fra di noi possono venir provocati a usare la ragione, a riportare sulla strada giusta qualcosa che era sbagliato e possono addirittura consacrarsi alla ricerca di una cura per una malattia. Altri possono forse provocare più comprensione e più compassione per quelle vite che sono estranee alle nostre. La fotografia è una piccola voce. È una voce importante nella mia vita, ma non l’unica. Io credo nella fotografia. Se è ben concepita, talvolta funziona.
Eugene Smith




sono veramente contenta di aver visto questa mostra, la consiglio a chiunque abiti a Milano.
e perchè no, anche a quelli che non ci abitano.
Eugene Smith è incredibilmente espressivo, le sue foto mi parlano.
leggo di un carattere difficile, di un forte spirito polemico, di una ricerca ossessiva estenuante del risultato voluto.
io recepisco dalle sue foto un'umanità devastante, la sua e quella di chi ritrae.
vedo il medico e mi commuovo
vedo le foto dei suoi due bambini che camminano verso la luce e mi viene da piangere
vedo l'infermiera e stramazzo
vedo la pietà della madre giapponese con il suo gesù cristo e mi sento male
vedo la guerra e mi impensierisco
vedo il jazz e vorrei saperne di più
vedo il capitalismo industriale e mi incazzo.

com'è che una macchina fotografica in quelle mani fa quell'effetto?
e nelle mani di un altro no.
è lo sguardo, lo sguardo dentro i nostri occhi.



Getto il mio amore dalla finestra e mi chiedo chi lo accoglierà – ho preso tutto con grazia e con destrezza di mano, cullando segretamente tutto ciò che ho ricevuto dagli sconosciuti donatori. Qual è il motivo di questo fascino? Sembra che io non smetterò mai di fotografare dalla finestra, questo è il teatro di ogni emozione del mondo.
Eugene Smith




Dal 22 settembre al 4 dicembre 2016, il Centro Culturale di Milano inaugura la sua nuova sede nel cuore della città, in Largo Corsia dei Servi 4, con una mostra dedicata a W. Eugene Smith (1918-1978), uno dei più grandi maestri della fotografia di reportage. L’esposizione, ideata da Camillo Fornasieri, direttore del CMC, curata da Enrica Viganò, con il patrocinio della Regione Lombardia e del Comune di Milano, presenta 60 original print in grado di ripercorrere la carriera del fotografo americano, attraverso i suoi cicli più famosi, realizzati tra il 1945 e il 1978, provenienti dalla collezione privata di H. Christopher Luce di New York. 
La rassegna documenta i “saggi fotografici” di Eugene Smith, ovvero i suoi reportage di racconto sociale o di denuncia, nei quali ha abbracciato i periodi della depressione, della guerra, della ricchezza del dopoguerra e quello della disillusione, dalle fotografie scattate sui teatri della seconda guerra mondiale, dalle battaglie nel Pacifico fino a Okinawa, dove venne gravemente ferito, alla serie del Country Doctor (1948), commissionatagli dalla rivista Life, che racconta la vita quotidiana del dottor Ernest Ceriani, un medico di campagna. Il percorso continua con le serie Nurse Midwife (La levatrice) del 1951, in cui segue le vicende di Maude Callen, una levatrice di colore, per testimoniare le difficoltà nell’esercitare il suo lavoro nel profondo sud degli Stati Uniti e, al contempo, per approfondire temi connessi alla discriminazione razziale. Nel 1951, Life pubblica il suo reportage condotto in Spagna, a Deleitosa, un piccolo centro contadino di non più di 2.300 abitanti, sull’altipiano occidentale dell’Estremadura: un quadro di una società rurale arcaica, in preda a gravi difficoltà economiche dovute al pesante regime franchista. Chiudono la rassegna, gli scatti su Minamata (1972-75), la città giapponese devastata dall’inquinamento di mercurio che la Chisso Corporation versava nelle acque dei pescatori e che portava gli abitanti a soffrire di una terribile malattia nervosa. In mostra si troverà la fotografia più famosa di questo ciclo, definita la Pietà del Ventesimo Secolo, che raffigura la bambina Tomoko mentre fa il bagno tra le braccia della madre.
(http://www.spreafotografia.it/news/3472/mostre/le-fotografie-di-w-eugene-smith-in-mostra-al-cmc-centro-culturale-di-milano-22-settembre-4-dicembre-2016/)

4 commenti:

marco eugenio ha detto...

Anch'io mi sono commosso davanti a quelle immagini, a quella umanità !
E il medico, poi!
E le sue parole.
Le ho riprese e trascritte su Instagram.
Ciao, Rossa

Rossa ha detto...

dove dove, come faccio a vedere?
buon giorno Marco

marco eugenio ha detto...

https://instagram.com/p/BMA930LBQzL/
Ecco il link, spero funzioni
Un saluto
Marco

Rossa ha detto...

ma quante foto!!
il direttore d'orchestra for ever!!
a presto
Rossa