bianco e nero

come una foto. in bianco e nero. nessuna concessione al colore, alla spettacolarita', ai nuovi barbari. bianco e nero colori vividi dell'essenziale, solo l'autenticita' della forma. della sostanza. l'occhio vede e non si inganna.
"questo e' il mio segreto.
veramente semplice.
si vede bene solo con il cuore.
L'essenziale e' invisibile agli occhi."
Il piccolo principe. A.d.S-E.

venerdì 28 aprile 2017

Io non sono un inizio e non sono una fine. Sono un anello di catena

pensi che sia solo una questione di omini e disegnini ma non è così!!
proprio non è così.
ah come ti sbagli.
è una visione del mondo, una sua interpretazione, una trasfigurazione in un personalissimo modo, con un personalissimo sguardo.
che bello vedere il mondo con un occhio così speciale.
pensavo a un mondo pop e via, invece è un mondo colto e così sia.
Keith Haring è un uomo informato, erudito, conoscitore della cultura classica e umanistica con un paio di occhiali speciali sugli occhi.
entrare nel suo mondo è una scoperta, e la mostra di Palazzo Reale aiuta, facilita, valorizza.
durante la visita si viaggia sulle montagne russe, si passa dai suoi ominidi-marchio di fabbrica a tutte le sue possibili applicazioni nell'arte figurativa, si impara a conoscere il suo mondo simbolico e sue esperienze di studio, di condivisione, di sballo psichedelico, di imitazione dei grandi pittori, da Marc Chagall a Pablo Picasso, da Andy  Warhol a Paul Klee, da Albrecht Dürer a Pollock.
“Mi conforta il pensiero che stavano perseguendo la stessa ricerca. In un certo senso non sono solo… come essi non lo erano, perché nessuno nella comunità degli artisti è mai stato né sarà mai solo”.
scopro che frequentava Madonna (che a sua volta frequentava Jean-Michel Basquiat) e condividevano l'attrazione per la cultura latina sud americana, "neri e ispanici apprezzano la sua arte così come a mia musica" dice Madonna, si ispirava a opere classiche e le rivisitava, vedeva i dipinti su San sebastiano e li reinterpretava, si faceva rapire da Il giardino delle delizie di Hieronymus Bosch e, stupefatto, lo ricomponeva a modo suo.


Il mio contributo al mondo è la mia abilità nel disegnare. Dipingere è ancora sostanzialmente la stessa identica cosa che fu nella preistoria. Riunisce l'uomo e il mondo. Vive nella magia.
intriso di cultura pop e controcultura, di esoterisno e street art, di frequentazioni omosessuali e droghe hard, ricomponeva il mondo in un gesto artistico apparentemente semplice ma fortemente radicato nella cultura antica e totalmente proiettato nel futuro. si esprimeva come un uomo del suo tempo, protestava contro le macchine e la pietrificazione dell'umanità, si perdeva dietro il godimento sfrenato e immediato di sesso e stupefacenti ma immaginava una ristrutturazione universale attraverso l'arte, anche la sua ma non solo, attraverso lo sguardo dell'infanzia, attraverso una catena di significanti che arrivavano fino a lui, al suo reale artistico.






Io non sono un inizio e non sono una fine. Sono un anello di catena.
e nella sua arte, dipinti e sculture, si ritrovano  frammenti di arte tribale e di cultura etnografica che interagiscono con un immaginario gotico e con l’universo del fumetto, sperimenta l’impiego di software che gli permettono di creare immagini al computer, disegna murales con il gesso, produce magliette e spillette, si dedica alla performing art.

in mostra il curatore lo ha anche accostato a una colonna traiana, in una narrazione continua, progressiva, crescente.

Penso di essere nato artista; penso di avere la responsabilità di riuscirci.
è un uomo arte.
è un uomo attraversato dall'arte.
come l'uomo che danza infilzato nella pancia da un altro uomo che danza.

è una catena, non è un uomo solo, è molti uomini, è l'arte per tutti, è tutti noi.
Dipingerò quanto potrò, per quante persone potrò, per quanto a lungò potrò.

Nasce in Pennsylvania nel 1958.
l'Aids gli venne diagnosticato nel 1987.
ipotizzando un "senza fine" nell’arte cercò di affrontare la malattia lavorando senza sosta, per lasciare aperti discorsi che altri potranno portare avanti. 
arriva Unfinished Painting, simbolo della mostra. 
"Qui Haring", ha spiegato il curatore della mostra Gianni Mercurio "dipinge solo un quarto dell’opera, l’angolo in alto a sinistra, di cui delinea nettamente il limite nei bordi della tela e simula le sgocciolature di colore verso il basso, evocando così le dinamiche dell’Action Painting. Il senso di sospensione dato all’opera dal non finito apre così alla narrazione: di ciò che è accaduto, di ciò che non accadrà, del divenire negato. Fu grazie a questa visione del mondo che a ventotto anni fronteggiò lo shock dovuto alla consapevolezza di avere contratto il virus dell’AIDS. Lavorò instancabilmente fino agli ultimi giorni di vita".

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